Arresti Fenice. Comunicato Comitatocontro inceneritori Foggia et al

E va bene, li hanno arrestati. Sigillito e Bove sono a casa, in custodia cautelare, arrestati come gli unici colpevoli di questo disastro ambientale chiamato Fenice. Non si può essere contenti. Non si gioisce mai di fronte ad un provvedimento d’arresto. Specie poi, se, ad esserne colpiti, sono coloro i quali, per anni, hanno avuto il compito di vigilare sulla nostra sicurezza, sulla salute.

Insomma, siamo stati traditi, noi cittadini, non già da chi avvelena, ma da chi avrebbe dovuto, con noi e per noi, evitare che questo accadesse. E tutto questo lo sapevamo già. Lo sapevamo prima che lo dicessero i giornali nazionali, lo sapevamo già prima che uscissero le carte e che uno strano incendio desse fuoco ad una parte dell’impianto melfitano. Anzi, non soltanto lo sapevamo. Ma lo dicevamo, accodandoci alle voci fortissime del Comitato Diritto alla salute di Lavello e all’associazione Ola che, insieme a quella di Maurizio Bolognetti, hanno urlato per fermare uno scandalo immane, grande così. Lo dicevamo partecipando alle manifestazioni organizzate a Lavello e a Cerignola, dove il gruppo Marcegaglia sta mettendo in atto una follia non dissimile da quella Edf. Lo dicevamo con il nostro impegno concreto, nel quotidiano, nelle mille domande rivolte a chi di dovere, nelle continue prese di posizione che ci hanno resi invisi anche a quelli che, un tempo, si proclamavano amici.

Ma c’è una cosa di cui diffidiamo: dei facili entusiasmi. Non è la prima volta che una Procura focalizza l’attenzione sull’inceneritore di Melfi. E, se già una volta (grazie anche a procuratori dai comportamenti strani), è stato silenziato tutto, il pericolo più grande è di trovarsi di fronte ad un nuovo caso di insabbiamento. I due arresti dei due dirigenti Arpa ci sembrano un contentino, un dare alla folla ciò che la folla vuole, per non andare più a fondo. Significa togliere il grasso dalla superficie mentre, all’interno, i batteri continuano ad operare, sgretolando la società civile con i denti di morte. Un dente si chiama arsenico, uno nichel, uno manganese, uno ferro, uno benzene. E se Bove e Sigillito hanno la grandissima responsabilità di aver appoggiato questo stato di cose, non possiamo fare a meno di chiederci chi, invece, queste cose le muove. E perché non cali su di loro la mannaia della giustizia con la stessa, durissima, mano con cui è caduta sui due Dirigenti regionali. Che, detto fino in fondo, sono semplicemente i capretti sacrificali dei bagordi pasquali dei mammasantissima della multinazionale francese”. “Perché, ricordiamo a chi fa festa prematuramente, di fronte agli incendi, alle carte, alle rivelazioni, persino agli arresti, l’impianto mortifero continua ad operare, imperterrito, come niente fosse. Vanificando l’idea stessa di giustizia e sacrificandola, per l’ennesima volta all’altare dell’interesse.

(Firmato: Comitato contro gli inceneritori Foggia – Acli ambiente – Anni Verdi – Verdi Ambiente Società –VAS – Legambiente, Rifondazione Comunista)

Potenza, svolta Fenice. Arrestati Sigillito e Bove. “Dati mai comunicati”

Inceneritore La fenice (pietrodommarco.it)

Potenza – Vincenzo Sigillito, ex direttore dell’Arpab (l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Basilicata) e Bruno Bove (coordinatore Arpab prvincia di Potenza) sono stati appena arrestati. Si trovano ai domiciliari. Il gip di Potenza, Tiziana Petrocelli, su richiesta del pm Salvatore Colella, ha inoltre disposto il divieto, per due mesi, di ricoprire cariche direttive per l’attuale e l’ex procuratore responsabile dell’impianto, Mirco Maritano e Giovanni De Paoli.

Già alla fine di settembre erano circolate voci su avvisi di garanzia emessi sulla questione dell’inquinamento provocato dal termodistruttore La Fenice di San Nicola di Melfi. La società che gestisce l’impianto, la francese Edf, è indagata. Intanto, ieri sera, dagli schermi di Canale 5 la ministra Stefania Prestigiacomo ha promesso ricorso all’Istituto Nazionale della Sanità.

LE ACCUSE – Nel mirino degli inquirenti, quanto evidenziato tempo fa proprio da Stato. Ovvero, l’Arpab, pure essendo in possesso dei dati, ne evitava la diffusione. Non solo ai cittadini ed all’associazionismo, ma, cosa ancor più grave, agli stessi Enti del territorio. Il tutto, schermando, di fatto, le attività dell’inceneritore Edf. La Procura, anche se con notevole ritardo, ha inoltre ascritto agli imputati (avrebbe potuto farlo anni fa), il “pericoloso inquinamento” della falda acquifera sottostante l’inceneritore, alterata da metalli pesanti e componenti organiche.

DON MARCELLO COZZI, LIBERA: “ACCERTARE RESPONABILITA'” – “La magistratura ha tutti gli strumenti per andare fino in fondo e per scalare le gerarchie politiche e tecniche che hanno responsabilità a vario titolo, ma continuiamo a chiederci: quanta gente ancora in Basilicata deve rimetterci la vita prima che le istituzioni locali possano finalmente prendere coscienza che le denunce dei cittadini, in questi casi, vanno prese sul serio invece di essere tacciate di proclami allarmistici? Chiediamo di sapere quali sono gli affari che si nascondono dietro i silenzi lucani sull’avvelenamento dell’ambiente”. Lo afferma in un comunicato don Marcello Cozzi, responsabile di “Libera” Basilicata. “Il lavoro della magistratura – aggiunge – dovrà fare il suo corso ma in qualunque direzione andrà, è doveroso prendere coscienza che le persone che nel frattempo si sono ammalate o che ci hanno rimesso la vita, prima ancora di essere vittime di una malattia, vengano considerate vittime del malaffare”

RESTAINO, REGIONE BASILICATA: “SONO SERENO” – “Ho ricevuto questa mattina un invito a presentarmi al Pm in relazione ad un’inchiesta nella quale risulto essere indagato. Le ipotesi per le quali sono in corso accertamenti a mio carico riguardano la gestione operativa dell’Arpab, mentre non c’è alcun collegamento con le ipotesi di reato della vicenda Fenice. Segnatamente, si ipotizza un mio ruolo nel consigliare l’allora Direttore generale dell’Agenzia su come ottenere finanziamenti dalla Regione, nelle attività di reclutamento del personale presso la stessa Arpab e nella difesa dell’agenzia, attraverso un comunicato stampa diramato a seguito dell’audizione del Direttore generale presso la terza commissione consiliare. Nel dichiararmi assolutamente sereno anche per l’occasione di poter chiarire che mi viene offerta, esprimo piena fiducia in quanti stanno effettuando gli accertamenti per le vicende che mi riguardano e per le ipotesi più inquietanti a carico di altri, convinto che l’accertamento della verità sia un interesse superiore e comune a tutti”

LA DIFESA DI ARPAB: “ALTERAZIONI PER MESSA IN SICUREZZA” – Nel sito “Fenice” è in atto una attività di Messa In Sicurezza di Emergenza (MISE) tramite emungimento da pozzi barriera (22 pozzi serie 100). Lo rende noto in un comunicato l’Arpab (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente di Basilicata).
Nella valutazione dei dati relativi al monitoraggio delle acque sotterranee nell’area del termodistruttore – posegue la nota – non si può prescindere dal considerare i numerosi fattori che influenzano il risultato analitico stesso, quali ad esempio:
• i continui interventi di MISE influiscono modificando i flussi sotterranei; il crescente emungimento dai pozzi di MISE determina una scarsità di acqua all’interno dei pozzi P1-P9 previsti dal piano di monitoraggio con conseguente difficoltà di campionamento. Da ciò potrebbe scaturire la presenza di superamenti delle CSC dei parametri oggetto del monitoraggio nonchè la comparsa di nuovi occasionali superamenti (arsenico e 1,2,3-tricloropropano a maggio 2011, ferro e benzene a settembre 2011);
• particolare attenzione va posta nell’analisi critica dei dati che riguardano i composti volatili (tricloroetilene, tricloroetano, ecc…). Questi composti sono molto sensibili alle variazioni che subisce il sistema ad opera degli emungimenti e degli impianti pilota utilizzati per testare le tecnologie di bonifica. La variabilità della loro distribuzione nei vari punti ed i relativi valori di concentrazione non consentono di effettuare precise valutazioni;
• ovviamente solo a valle della bonifica del sito si potrà dare piena e chiara lettura dei dati provenienti dai pozzi di monitoraggio P1-P9 pubblicati sul sito istituzionale dell’Agenzia.
Tra le ulteriori considerazioni che possono essere fatte sulla complessa problematica del sito è bene evidenziare che:
1. i composti relativi al processo industriale sono monitorati;
2. tutti i superamenti delle CSC sono monitorati;
3. nuovi superamenti delle CSC si possono avere per concentrazione degli inquinanti in punti di richiamo come i pozzi;
4. nuovi superamenti delle CSC si possono avere per fenomeni di degradazione di alcuni contaminanti;
5. eventuali, improvvisi ed elevati valori potranno essere legati al particolare tipo di intervento di bonifica che si andrà a porre in essere.
Valutazioni attendibili vanno espresse paragonando ampi periodi di monitoraggio. Considerazioni aventi per riferimento periodi limitati o peggio raffronti mensili – conclude l’Arpab – sono fuorvianti e non rappresentano significativamente la reale situazione del sito contaminato.

MAZZEO: “CHIUDERE FENICE IN ATTESA DI RISCONTRI” – “In attesa di avere tutte le risposte inerente al problema inquinamento prodotto da Fenice, alla realizzazione del progetto di bonifica, che sarà solo presentato il prossimo 18 ottobre, e la messa in essere di veri e sicuri meccanismi di controllo su tutte le emissioni, è opportuno sospendere l’attività del termovalorizzatore, nel pieno rispetto delle leggi vigenti”. E’ quanto afferma il vicepresidente del Consiglio regionale, Enrico Mazzeo (Idv) in un intervento inviato oggi alla stampa locale. Mazzeo lamenta “troppe inadeguatezza degli organi tecnici, ma anche in primo luogo della politica che ha stentato e stente a controllare e prendere decisioni chiari ed efficaci. ‘L’esortazione’ del ministro dell’Ambiente ai responsabili, ai diversi livelli, per la chiusura di Edf Fenice, deve essere interpretata come una sconfitta per tutti noi, maggioranza ed opposizione. Il centro sinistra ha il dovere di arrivare a conclusioni univoche e condivise, evitando decisioni divergenti e contraddittorie, con le politiche declamate a livello nazionale”

Fenice, lo stillicidio continua. A settembre anche ferro e benzene

L'area della Fenice; in rosso, i pozzi di emungimento (googlemaps)

Lavello (Potenza) – QUESTA volta – come se fosse la prima – si è reso necessario spingere forte sull’acceleratore per ottenere la pubblicazione dei dati relativi al monitoraggio delle acque dei pozzi a valle dell’inceneritore Fenice. Evidentemente, la pubblicazione delle ‘carte nascoste’ e l’incendio scoppiato una decina di giorni fa (c’è stata un’interrogazione parlamentare della radicale Elisabetta Zamparutti), hanno tramutato queste settimane in una pentola a pressione stracolma di acqua già bollente. Il caso Fenice è divenuto caso nazionale. Oltre all’anunciato ritorno di Striscia la Notizia, si è occupato dell’inceneritore melfitano anche il sito web del quotidiano La Repubblica. Un’inchiesta, quella di Repubblica, che non ha aggiunto nulla di sconvolgentemente nuovo, tornando a ricalcare i passi della (mala) gestione decennale di Edf. Ma anche delle reticenze di Arpab, Asl e Procure di Melfi e di Potenza e riducendo quasi a zero l’invece immane lavoro condotto sul terreno da ambientalisti e Radicali.

ECO CAPITANATA – Intanto, mentre la diffusione della notizia va avanti con insistenza, le carte pubblicate oggi da Via della Chimica confermano l’esizialità di Fenice. L’impianto continua ad inquinare a piene mani, indipendenetemente che gli scheletri emergano o meno dagli armadi. Finora, tranne il sindaco di Melfi Valvano e poche associazioni, nessuno si è spinto a chiedere il sequestro dell’inceneritore amato alla follia dalla Regione Basilicata e da svariati esponenti del Partito Democratico lucano. E si fa fatica a capire cosa si attenda oltre, stando anche il fatto che, per molto meno, nella vicina Cerignola si è chiuso Eco Capitanata, stabilimento simile, per molto meno.

METALLI PESANTI – A settembre, pur rientrando nella norma l’arsenico, si è registrato un aumento dei metalli pesanti più pericolosi: ovvero, nichel e manganese. Si tratta degli eterni ‘compagni di vita’ della popolazione del Vulture. Ma non solo, dato che, come scritto proprio dal quotidiano di Scalfari, “oltre alla zona del Vulture – Alto Bradano lucano, dove vivono circa centomila persone, l’inquinamento potrebbe toccare, se il fiume risultasse contaminato, anche le province di Foggia e Bari”. E lo fa senza dubbio. Presenza abbondante di nichel (cancerogeno ma sopratutto insistente a livello di allergie), è stata rinvenuta in sei pozzi su nove (come a luglio). Sballate le cifre dei pozzi di rilevamento numeri 3, 5, 6, 7, 8 e 9, con violazioni che sforano di oltre 15 volte il limite fissato dal D.Lgs. n.152/06. La stima più allarmante è stata quella registrata sulle acque del pozzo numero 8, dove, a fronte di un tetto massimo di 20ug/l, sono stati rilevati 308 ug/l. Non va meglio per quel che attiene il manganese. Come a luglio, cinque i pozzi contaminati (settembre: 2, 4, 5, 6, 8), con dati estremamente peggiori rispetti a quelli di due mesi fa. Prima di agosto, infatti, i ‘pozzi maledetti’ restituivano stime comprese fra i 265 e i 650 ug/l. Il mese scorso, al contrario, i nanogrammi hanno sforato (e non è comunque la prima volta, è anche andata molto peggio) quota 1000. E’ quanto si registra alla casella del sesto dei pozzi piezometrici, dove, contro un limite di 50 ug/l stabilito per legge, si quantificano 1021 nanogrammi di manganese per litro. Ovvero, oltre 20 volte in più di quanto consentito dalla già clemente normativa statale.

FERRO – Ma, come sempre, non mancano le new entry. E’ il caso del ferro, presente nei rilevamenti del mortifero pozzo numero sei, dove, anche se di poco, i livelli sforano la soglia d’attenzione (296 ug/l contro i 200 massimi previsti per legge). Si legge su Wikipedia: “Un apporto eccessivo di ferro tramite l’alimentazione è tossico perché l’eccesso di ioni ferro reagisce con i perossidi nel corpo formando radicali liberi. Finché il ferro rimane a livelli normali, i meccanismi anti-ossidanti del corpo riescono a mantenere il livello di radicali liberi sotto controllo. La dose quotidiana di ferro consigliata per un adulto è 45 milligrammi al giorno, 40 milligrammi al giorno per bambini fino a 14 anni. Un eccesso di ferro può produrre disturbi (emocromatosi); per questo l’assunzione di ferro tramite medicinali va eseguita sotto controllo medico ed in caso di oggettiva carenza di ferro”. Insomma, a tossico, è tossico, non corrono dubbi.

“SPEGNERE FENICE” – Laconico il commento del Comitato Diritto alla Salute di Lavello: “A questo punto la Provincia non ha più motivo di tenere in essere l’autorizzazione provvisoria”. Come dire: Fenice va chiusa. Tanto più perché, oltre ai metalli pesanti, persistono nelle acque valori eccedenti di alifatici clorurati cancerogeni (in particolare allarmano tricloroetilene e tetracloroetilene) e, altra novità, il benzene (pozzo numero 7). “Chi ha il potere di bloccare, sospendere, spegnere l’inceneritore lo deve fare immediatamente e senza indugio”, chiosa l’associazione lavellese. Sperando che non sia già troppo tardi per intervenire.

p.ferrante@statoquotidiano.it

FOCUS, TUTTA L’INCHIESTA FENICE DALLE PAGINE DI STATO
1. Fenice, un caso di (a)normale inquinamento (Stato Quotidiano, 16 maggio 2011)
2. Fenice, la verità di Bolognetti: “Ci uccidono in silenzio” (Stato Quotidiano, 27 maggio 2011)
3. Fenice, contro l’inceneritore si muove anche la Capitanata (Stato Quotidiano, 31 maggio 2011)

4. Melfi, i panni sporchi di Arpab: “Giusto che Fenice chieda di bruciare di più” (Stato Quotidiano, 9 giugno 2011)
5. Fenice la rabbia del Comitato di Lavello: “Una presa in giro” (Stato Quotidiano, 14 giugno 2011)
6. Fenice avvelena ancora. A maggio riscontrato Arsenico (Stato Quotidiano, 20 giugno 2011)

7. Fenice, Comitato di Capitanata: “Clamoroso silenzio delle istituzioni” (Stato Quotidiano, 21 giugno 2011)
8. Bolognetti in tackle su Arpab: “Qualcuno blocchi Fenice”
9. L’intervista al Coordinatore Arpa di Potenza, Bruno Bove (28 giugno 2011)
10. Bolognetti contro Bove: “Se ci sono i dati, allora li tiri fuori” (4 luglio 2011)
11. La gente di Foggia, quella di Lavello e un grido: “No a Fenice” (9 luglio 2011)
12. Fenice, la battaglia va avanti. Le associazioni denunciano Edf (Stato Quotidiano, 29 settembre 2011)

«Quei dati? La magistratura mi ha detto di non divulgarli»

di Massimo Brancati

POTENZA – Preferisce non rilasciare dichiarazioni. Resta in silenzio e si dice tranquillo, convinto che in tutta questa storia lui ha la coscienza a posto. Vincenzo Sigillito, ex direttore dell’Arpab, sapeva dei dati sull’inquinamento di Fenice nel periodo 2002-2006 ma all’epoca aveva negato pubblicamente l’esistenza di rilievi.

Alla commissione consiliare permanente della Regione che stava esaminando il caso arrivò a dire: «In data 16 ottobre 2009 ho saputo che l’Arpab non ha mai effettuato dal 2002 analisi sulle acque nell’ambito di Fenice».

Qualche tempo dopo, incalzato dal Radicale Maurizio Bolognetti, in una nota ufficiale cambiò versione: «… è pendente presso il tribunale di Melfi un procedimento inerente alle attività dell’inceneritore Fenice. Pertanto questa amministrazione non può divulgare notizie in merito».

Circostanza che è stata confermata qualche mese fa da Bruno Bove, coordinatore Arpab di Potenza, in un’intervista al giornalista di «Stato Quotidiano» Piero Ferrante: «I dati, come tutti gli altri, sono qui, presso la sede potentina dell’Arpa.

Ho ritenuto io di non diffonderli perché assunti dalla Procura e perché in corso un’indagine. Non mi prendo la responsabilità di azioni di cui non conosco le ripercussioni. Se mi danno l’autorizzazione a diffonderle, le diffondo».

Sabato scorso, evidentemente, questo via libera c’è stato. Ma è giusto tenere all’oscuro i cittadini su questioni che riguardano la loro salute? E perché la magistratura non è intervenuta pur sapendo che da dieci anni Fenice semina i suoi «veleni» nel terreno circostante? È necessario vederci chiaro. Nei mesi scorsi qualcuno ha tentato di addolcire la pillola spiegando che l’inquinamento riguarda i pozzi «spia» da cui l’acqua non viene munta per scopi potabili e irrigui. Ciò, in qualche modo, spiegherebbe perché la Procura non sia passata all’azione dopo tre anni di indagini. Sarebbe inquietante, d’altra parte, pensare che la magistratura, pur di «proteggere» una multinazionale, abbia chiuso entrambi gli occhi. Bloccare Fenice è l’appello lanciato dagli ambientalisti e dai residenti che denunciano l’aumento di malattie tumorali. La salute viene prima di tutto. Ma, considerando ciò che sta accadendo in questi giorni, il fragile sistema dello smaltimento di rifiuti urbani della Basilicata può reggere l’eventuale chiusura dell’inceneritore? I dati dicono di sì. Nell’impianto viene smaltita la parte secca di immondizia trattata a Venosa e Sant’Arcangelo, vale a dire il 30 per cento di quello che finisce in discarica. Un quota, dunque, che può essere assorbita anche senza il «mostro».


da La Gazzetta di basilicata 20 Settembre 2011

Published in: on 20 settembre 2011 at 22.29  Lascia un commento  
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Il comunicato stampa del Comitato contro inceneritori Foggia su questione Fenice

La pubblicazione dei rilevamenti sui pozzi di emungimento dell’Inceneritore Fenice è l’ennesima dimostrazione di come un sistema criminale continui a pendere, come una spada di Damocle, sulle teste di migliaia di cittadini, con il beneplacito della politica.
Ci saremmo volontariamente risparmiati questo nuovo sfregio alla decenza pubblica. Venire a conoscenza di quanto, già da mesi, andiamo sostenendo in accordo con il Comitato per la Salute di Lavello, i Radicali Lucani di Maurizio Bolognetti, l’associazione ambientalista Ola e il Comitato contro gli inceneritori di Capitanata, è solo un passo in più di un processo di verità che, giorno dopo giorno, squarcia il velo di morte che Edf, con la complicità di Arpa, Provincia di Potenza, Regione Basilicata e Procura di Melfi prima e Potenza poi, hanno alzato. Un velo inspessito dalla mollezza, addirittura dall’ignoranza delle amministrazioni della Capitanata e della Puglia tutta. A seguito delle nostre richieste d’incontro con tutte le autorità pugliesi e daune, siamo stati ricevuti soltanto dall’Assessore alla Sanità della Regione Puglia, Tommaso Fiore. Silenzio assoluto, al contrario, ci è stato opposto dalla Provincia di Foggia (dove, d’altronde, restano imbarazzanti le contraddizioni dell’amministrazione, in loco contraria a tutti i processi di annessione del territorio, a Roma incastonati nei favori della Prestigiacomo) e dalla neonata sesta provincia. E allora ci chiediamo: dov’è il Presidente-barra-parlamentare Antonio Pepe? E dove l’Assessore-barra-Commissario del parco del Gargano Stefano Pecorella?
Dunque, Pulcinella ha detto: l’inceneritore è cattivo e sporco. E sta inquinando dal 2002. Praticamente, da quando è entrato in funzione. Da nove anni, in maniera ininterrotta, i fumi si spargono sulle terre, contaminano i campi, infettano i cibi, s’insinuano nella pelle. Fenice sversa nella falda nichel, cromo, mercurio, piombo, cadmio, arsenico, trialina. L’odore acre e grigio della morte si è sparso sul Vulture. È lui, l’impianto, il nuovo, vero e pericoloso vulcano. Che agisce silenzioso a pochi passi da una fabbrica di pasta, a un tiro di schioppo da fonti, ruscelli e un fiume, l’Ofanto, che bagna tre regioni. E, questo, in barba ad ogni referendum. Basta un’opportunità di guadagnano, per giunta banditesca, per mortificare il voto di 27 milioni di persone che hanno, lo scorso giugno, decretato che l’acqua non è in vendita, che è di tutti e tutti hanno il diritto ad accedervi. Evidentemente, vista l’assenza dei Comitati per l’Acqua pugliese e lucano, e, più nello specifico, di quello delle province di Foggia e di Potenza, qualcuno deve aver interpretato il referendum come una semplice occasione di festa, buona per sfoghi ludici piuttosto che come snodo cruciale di una battaglia che è solo agli albori.
Bolognetti ha parlato dei cittadini lucani come di “carne da macello”. Noi ci spingiamo più in là. I cittadini del Vulture sono carne già macellata ed abbandonata a marcire al sole tra verdura incenerita e frutta malata. Inutile ricordare, lo fanno abbondamentemente gli amici di Lavello, che tre malati su cinque ricoverati presso il Crob di Rionero in Vulture, sono proprio del centro lavellese. Ben venga allora la Commissione d’Inchiesta proposta dal Presidente della Regione Vito De Filippo. Ma chiediamo al Presidente un atto d’umiltà. Si presenti non come interrogatore di quella commissione, ma come interrogato. Spieghi ai cittadini del Vulture e, indirettamente, a quelli del barese e del foggiano, chi e perché ha deciso di occultare i dati. Chi ha deliberato la fine agricola di una terra che non ha altre vocazioni. E come mai un’Agenzia Regionale, a Potenza diretta da Bruno Bove, uomo vicinissimo al Partito Democratico, abbia volontariamente e deliberatamente deciso di non rivelare cinque anni di attività mortifera e criminale. Dica quali provvedimenti intende prendere per sanzionare Fenice. E quali contro chi non ha fatto nulla acché emergessero queste magagne. Si costituisca parte civile nel fascicolo aperto in Procura, il Presidente. Chieda conto di che fine abbia fatto il procedimento, traslato da Melfi a Potenza nell’indifferenza generale. E, finalmente, dopo un decennio di ignava presenza, incominci ad amministrare un corpo di cittadini e non un covo di interessi.
Troviamo inoltre patetico il tentativo del presidente della Provincia di Potenza, Piero Lacorazza e del suo assessore all’Ambiente, Massimo Macchia, di scaricare le proprie responsabilità occultandole dietro un dito di scusanti. Ricordino perché sono lì e ringrazino ogni giorno il cielo di avere nelle potenzialità dell’agire una missione da compiere, non un semplice lavoro di disbrigo pratiche. I fumi di Fenice non chiedono permessi. Dunque, non troveranno risposta nelle carte. Ecco perché anche noi chiediamo l’immediata chiusura dell’impianto Edf, un tavolo interregionale di confronto per affrontare, una volta per tutti, la questione della chiusura del ciclo dei rifiuti.

COMITATO CONTRO INCENERITORI DI FOGGIA
RIFONDAZIONE COMUNISTA FOGGIA
VERDE AMBIENTE E SOCIETA’ FOGGIA
LEGAMBIENTE CIRCOLO GAIA FOGGIA

Adesso Basta!

Adesso basta! Fenice va spenta! from olachannel on Vimeo.

La peste italiana. Il caso Basilicata



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La gente di Foggia, quella di Lavello e un grido: “No a Fenice”

La testa del corteo (St)

Ce n’erano un migliaio di persone accorse a Lavello. Tutte, per dire no a Fenice. Tutte per significare, con il proprio corpo, l’estraneità al processo di incenerimento. C’era la Capitanata, soprattutto, molto più che la Lucania. Molto più che la stessa Lavello. C’erano le associazioni di Cerignola, i Comitati. C’erano Legambiente, i Vas e Rifondazione dritti dritti da Foggia. C’erano i seguaci di Gianni Lannes, da Ortanova. C’era la componente di Ordona. Insomma, c’era la provincia di Foggia a far capire che, quell’obbrobrio chiamato inceneritore, di proprietà Edf, non lo si vuole neppure oltre confine regionale.

C’erano un migliaio di persone di ogni età. Accanto al vecchietto ed alla vecchietta, figli e nipoti, carrozzine piene e bimbi in braccio. Nessuna bandiera per dire basta a Fenice. Solo, tanti corpi quanti cuori. Ed una manifestazione radunata dal Comitato “Diritto alla Salute” di Lavello e dall’Organizzazione Lucana Ambientalista. Uomini e donne per le strade del centro del Vulture, ad un tiro di schioppo dall’inceneritore. Di qui, la chiesa del sacro Cuore che fu di don Bisceglia, lampioni a risparmio energetico, biciclette e palloni, trombette e slogan. Di lì, il tanfo di morte, di rifiuti bruciati, il mistero della vita che diventa squallore, l’oltraggio.

Due mondi distinti, quelli di Fenice e di Lavello, fusi soltanto dall’esigenza di lavorare. L’hanno usato come un ricatto goloso, i padroni della spazzatura. Ovvero, se volete la vita, vi tocca scherzare, e pesante, con la morte. L’inganno è durato dieci anni: numeri celati, percolato mortale, camini omicidi, insabbiamenti, connivenze politiche, silenzi. Una cappa che ha portato ad ignorare, qualche mese fa, l’invasione di fumi rossi. “Ma adesso noi ci rifiutiamo di continuare ad essere carne da macello – tuona Nicola Abbiuso, Comitato lavellese”. Già. La popolazione è in strada, in piazza, raggrumata come tanti globuli rossi per cicatrizzare la ferita aperta e sanguinolenta. “Siamo stanchi della strategia del tutto a posto. E’ ora che incomincino a pagare. E, noi, li andremo a scoprire uno per uno”. E’ il redde rationem. La nemesi per chi ha comandato ed ora si trova in posizione di difetto.

La testa del corteo (St)

Intanto, mentre Fenice è chiusa per manutenzione, l’Aia sempre in corso di valutazione ma lungi dall’approvazione definitiva, a ribellarsi all’attività mortifera dell’inceneritore Edf sono le genti delle piane. I cerignolani sono i più rumorosi. Invitano, con slogan martellanti, tutta la popolazione, anche quella inerme, a manifestare. Avanti a tutti, Abbiuso con la sola potenza di un piccolo megafono fa echeggiare i dati oramai noti. Quelli dei rilevamenti sui pozzi. Quelli delle percentuali lucane di smaltimento dei rifiuti. Li ha mandato giù da tempo. Ingoiati come una medicina scaduta. Non aiutano a star meglio. Anzi: “Altro che rifiuti! Ci avete trasformati nel cesso d’Italia”. L’immagine è efficace. Solo, manca lo sciacquone all’Edf, per seppellire, in un colpo solo, tutto il materiale nocivo accumulato in anni di attività. Le culture sono avvelenate. Ed avvelenati sono i polmoni, il sangue, i cervelli di questa parte di Basilicata.

Tra la folla, svetta, come un pendolino, Maurizio Bolognetti. Si muove ovunque, scatta foto, fa interviste e le riceve. Per lui una giornata grandissima. E’ stato il primo a parlare di Fenice. Il primo a denunciare l’inquinamento delle falde, le machiochie complesse della finanza della monnezza. Il suo messaggio è stato sparso nel vento e si è posato su Lavello, Melfi, Potenza, Foggia, Cerignola. “Devono dire ancora molto laggiù a Potenza”, glissa. Non molto distante, con il corteo che sfuma nei comizi di chiusura, liberi, liberissimi, il sindaco di Lavello, Antonio Annale. Rimembra le battaglie degli albori, l’opposizione strenua, l’apertura di Fenice. Poi parla di raccolta differenziata, cerca di incolpare provincia e Regione. Anche se, il compito di innestarla, spetta proprio a lui.

E poi, a sorpresa, il Vescovo della Diocesi Melfi-Rapolla-Venosa, Gianfranco Todisco. Non se lo aspettava nessuno. La sua è una presenza gradita ed imprevista. Un ritorno inatteso. “Voi abitanti di Lavello avete lo stesso diritto alla vita di quelli di una grande città”. Poi, invita alla moderazione, all’azione non violenza. All’azione paziente”. Che non sia facile lo si deduce dalle parole di Abbiuso: “Noi non siamo Santi come Gesù Cristo, Monsignore. La pazienza è finita”. Ride ma si capisce che non ne ha voglia. E chi ne ha, in questa strana atmosfera cupamente felice che odora di polveri sottili e nano particelle.

Fenice l’avvelentarice. A maggio sgamato l’arsenico

L'inceneritore Fenice

Melfi – NICKEL e Manganese in aumento; i dati sui pozzi piezometrici non riportati nelle rilevazioni di marzo che compaiono e sono mortificanti; la “new entry dell’arsenico”, per dirla con le parole di Nicola Abbiuso, Comitato Diritto alla Salute di Lavello. Questo quello che emerge dal monitoraggio ambientale delle acque dei pozzi a valle dell’inceneritore de La Fenice di Melfi a maggio 2011. C’è di strano, ancora una volta, il silenzio degli enti e dell’Arpa della Lucania che, anche di fronte a questo ennesimo dato negativo, prosegue nel suo tentativo silenzioso di picconamento del fiume Ofanto.

Le cifre diffuse mettono in apprensione i cittadini del Vulture. Aumenta infatti, malgrado la tanta decantata barriera idrica – in effetti inutile, malgrado avesse dovuto, in parte, contenere l’inquinamento della falda – la presenza nell’acqua di metalli pesanti. Veri e propri assalitori della salute dell’uomo. Capaci come sono di violare l’immunità del corpo attraverso la diffusione di malattie allergologiche ed infiammatorie (oltre che, ovviamente, tumorali).

NICKEL – Il problema dei problemi. Ormai da quattro anni è la costante fissa delle rilevazioni dei pozzi melfesi. L’attività di Fenice, dicono i dati di maggio, ha provocato l’ennesimo inquinamento da nickel. A differenza di quanto avvenuto tre mesi fa – dei rilevamenti compiuti a marzo furono diffusi soltanto i dati riguardanti 6 pozzi -, ora la situazione è più chiara. Ma, purtuttavia, non per questo migliore. In sette dei dieci pozzi, l’acqua ha una concentrazione di nickel superiore alla norma. Il decreto legge 152 del 2006, infatti, fissa a 20 i milligrammi per litro di metallo possibile. Barriere, questa, oltrepassata nei pozzi 2 (33 mg/l, niente rilevamento a marzo), 3 (34 mg/l, in salita rispetto ai 21 di tre mesi fa), 5 (172 mg/l, nessun dato a marzo), 6 (183 mg/l, in crescita), 7 (43mg/l, in miglioramento), 8 (addirittura 393 mg/l, nessun dato precedente) e 9 (93mg/l, molto peggio) e contenuta soltanto nell’1 (5 mg/l), nel 4 (per un soffio, 15 mg/l) e nel 104.

MANGANESE – Va addirittura peggio per quel che concerne il manganese (che, tanto per capirci, è una delle maggior cause del parkinson). Anche in questo caso, la diffusione dei rilevamenti effettuati su tutti i pozzi, butta giù la maschera dietro cui Arpab e Fenice si schermavano. A fronte di un limite previsto di 50 mg/l, sfora metà dei pozzi: il 2 (955 mg/l, vuota la casella a marzo), il 4 (610 mg/l, quattro volte in più rispetto a tre mesi fa), il 5 (955 mg/l, non rilevato a marzo), il 6 (1250 mg/l, anche questo un centinaio di mg/l in più rispetto a tre mesi fa), l’8 (394mg/l, ovviamente inserito dopo il silenzio di marzo).

ARSENICO – As, questa la nuova sigla che spaventa i Comitati e i cittadini di Puglia e Basilicata. Ovvero, l’Arsenico, uno dei veleni più letali in natura. E’ un’assoluta novità. Lo sforamento è stato registrato nel pozzo di emungimento numero 4 dove, a fronte di un limite fissato a 10 mg/l, si è raggiunta quota 18.

REAZIONI – Abbiuso non ha nessun dubbio. E ripete ancora, come un mantra, la sola soluzione possibile: “Bisogna fermare l’inquinamento. E per fermare l’inquinamento bisogna dire basta a Fenice”. Discorso bissato dal Comitato di Capitanata che, per voce di Michele Solazzo chiede “la cessazione immediata del funzionamento dell’inceneritore La Fenice”.

http://www.statoquotidiano.it/20/06/2011/fenice-avvelena-ancora-a-maggio-riscontrato-arsenico/51243/

p.ferrante@statoquotidiano.it

FOCUS, GLI ARTICOLI DI STATO – 1. Fenice, un caso di (a)normale inquinamento (Stato Quotidiano, 16 maggio 2011)
2. Fenice, la verità di Bolognetti: “Ci uccidono in silenzio” (Stato Quotidiano, 27 maggio 2011)
3. Fenice, contro l’inceneritore si muove anche la Capitanata (Stato Quotidiano, 31 maggio 2011)

4. Melfi, i panni sporchi di Arpab: “Giusto che Fenice chieda di bruciare di più” (Stato Quotidiano, 9 giugno 2011)
5. Fenice la rabbia del Comitato di Lavello: “Una presa in giro” (Stato Quotidiano, 14 giugno 2011)

“Ci stanno uccidendo silenziosamente”. Parla Bolognetti

Foggia – MAURIZIO Bolognetti, Direzione Nazionale di Radicali Italiani, al telefono, è un fiume in piena: “Se presenti una denuncia per porre un freno al disastro ambientale e finisci per essere accusato di procurato allarme, significa che qualcosa non va come dovrebbe andare”. E, soprattutto, che in ballo ci sono una miriadi d’interessi. Sulla questione dell’inceneritore Fenice, di cui Stato Quotidiano si sta occupando, poi, ce ne sono di sfaccettati. Il Vulture melfese è ridotto ad un agglomerato di polveri sottili e metalli pesanti, gettati nell’aria, senza parsimonia, non solo dai 200 camini della Fiat, ma anche da quelli di Fenice. Impatto che diventa devastante se, in aggiunta, ci si aggiunge l’inquinamento della falda sottostante che finisce dritta dritta nell’Ofanto.

Non allusioni scortesi, ma dati di fatto, comprovati, sin dal 2006, da Arpa Basilicata, Crob di Rionero e dal Ministero della Salute (attraverso il rapporto Ispra 2009). L’esponente radicale (che sta per editare, per conto della Reality book, il testo “La peste italiana: il caso Lucania. Dossier sui veleni ambientali e politici che stanno uccidendo la Basilicata”) è uno dei più grandi conoscitori della situazione delle acque lucane. Dagli invasi del Pertusillo e di Camastra, fino, appunto, allo sversamento di sostanze tossiche nei fiumi. La questione di Fenice lo indigna con profondo disprezzo. Di quell’indignazione che non è aleatoria, ma si fonda sulle stime ed i dati. Quelli che ci sono e quelli che, per negligenza e per mistero cinico, non ci sono, scomparsi tra i fumi del tempo, inabissati nella fanghiglia tossica.

Partiamo dal marzo 2009, Bolognetti. Ovvero, da quando il caso Fenice deflagra come una bomba piena di chiodi…
.. e la Procura di Melfi, finalmente, apre un fascicolo. A proposito, quell’inchiesta non si sa a che punto sia giunta, quali sono le conclusioni. E’ finita a Potenza. Ma, anche lì, è nascosta. Tornando al marzo del 2009, alla pubblicazione dei primi dati Arpa. E’ curioso che si sia atteso tanto. Ormai è appurato che, sin da due anni prima, ovvero dal 2007, Vincenzo Sigillito, direttore dell’Arpa Basilicata, sapeva dell’inquinamento della falda. Sapeva lui, sapevano tutti nell’Ufficio. E non hanno pensato, guardi un po’ di avvertire il sindaco di Melfi che è la massima autorità in questi casi…

Scusi, vien da sé che sapeva anche la Regione Basilicata. E la Provincia di Potenza…
Gli unici a non sapere, si fidi, eravamo noi cittadini. Ci stavano uccidendo in silenzio, senza dirci nulla. Ha presente il gas metano, di cui non ti accorgi fintanto che le esalazioni non ti ammazzano? Ecco, esattamente in questo modo.

Sa di chi sono queste parole: “Già da marzo 2008 eravamo a conoscenza dei livelli preoccupanti di mercurio nella falda, ma non spettava al nostro ente lanciare l’allarme”?
Bruno Bove, coordinatore provinciale Arpab, pronunciate addirittura in televisione. Basterebbe questo, da solo, a chiudere la questione. Ma le aggiungo un altro elemento. Nel novembre di quello stesso anno, pur sapendo dell’azione deleteria di Fenice, come si deduce dalle affermazioni di uno dei maggiori responsabili di Arpa, il direttore Sigillito, ed una delegazione della società di gestione dell’inceneritore hanno tenuto un incontro pubblico. Durante quell’incontro, Sigillito, superiore di Bove disse che l’inceneritore di Melfi era, e cito, “una risorsa estremamente positiva”.

L'area della Fenice; in rosso, i pozzi di emungimento (googlemaps)

Una presa di posizione, insomma…
No, fa molto di più. In quell’occasione afferma che l’incontro serve per sancire un “rapporto di collaborazione” fra di loro. Insomma, un organo di controllo sa che il suo interlocutore sta uccidendo ciò che a lui spetterebbe monitorare e come risolve? Scendendo a patti.

Perché la politica ha lasciato fare?
Perché? Qui in Basilicata tutti sanno che Bove è uomo di fiducia dell’attuale Presidente del Consiglio Regionale, Vincenzo Folino, piddino di ferro. E poi, insieme alla Campania, la Basilicata è una delle realtà in cui la politica ha un’incidenza fortissima sulle scelte. Veicola tutto. Tutto passa per la politica. E’ tutto lottizzato, compreso l’Arpa, dove anche i cessi sono lottizzati.

Quindi, lei dice, ci sono delle coperture forti che non possono essere rimosse. E smascherare il pesce piccolo significherebbe la brutta figura, se non la il tracollo politico, del pesce grande…
Esatto. Il fatto è che la politica, e quando dico politica dico i partiti politici, devono entrare nell’ottica di abbandono delle lottizzazioni. Si fa un gran parlare delle grandi aziende pubbliche. Prenda la Rai. Ma anche gli Uffici, i presidi del territorio devono essere tolti dal controllo degli artigli della politica. Che si creino delle strutture nuove, che si possano arricchire con elementi forti e preparati che entrano con rigorose selezioni, curriculum alla mano.

Sa che vuol dire, si?
Certo, che bisognerebbe iniziare a depurare innanzitutto i vertici. Chi sceglie i controllori.

Converrà che, ad un certo punto, la politica s’arresta. Insomma, i controlli sanitari, le Asl, i medici? E’ attraverso il monitoraggio dell’incidenza dell’inceneritore che può essere fatto passare il messaggio. Ma le ultime stime, pure molto negative, riguardano solo i tumori e sono datate 2006. Fonte: Crob di Rionero. Non crede ci sia un ritardo?
Io ho una mia opinione personale. Alle storie del Crob ci credo fino ad un certo punto. Anche lì ci sono interessi specifici. Altrimenti perchè non sono stati più diffusi altri dati? Piuttosto sento parlare medici di base, medici di famiglia normalissimi, che vivono ogni giorno a contatto con la gente. Non mi serve il Crob o l’Asb per sapere quello che loro mi dicono in continuazione. Ovvero, che la gente si sta ammalando. La gente del Vulture sta morendo. Popolazioni intere contraggono tumori ma non solo. la contaminazione dei metalli pesanti porta ripercussioni a livello cardio vascolare, infiammazioni degli organi, allergie. Mi chiedo: ma la Fenice, l’Arpa, la Provincia, la Procura di Melfi e quella di Potenza, la politica, queste cose le sanno? E se le sanno, come le sanno, non gl’interessa nulla?

Ci sono comitati di cittadini molto attivi. Non crede che potrebbero, ad esempio, fare una sottoscrizione popolare per finanziare un’analisi delle acque dell’Ofanto, della terra, dell’aria? Basterebbe poco.
Potrebbe essere una strada percorribile. Ma, ripeto, spetta al pubblico monitorare, non solo ai cittadini.

C’è chi parla di contaminazione dei prodotti. L’acque dell’Ofanto irriga campi di tre regioni e diverse province di queste tre regioni. Ma nessuno vuole parlare…
Ma perché c’è una cappa asfissiante. Io non so che cosa si celi esattamente dietro il concetto di mafia. Quel che so, però, è che qui, in Basilicata, dal Vulture alla Val D’Agri, c’è. Trovare gente che si vuole esporre in prima persona, rischiando anche di mandare a monte i sacrifici di una vita, non è facile. Vigono le dinamiche di paese. C’è tanta ammuina (rumorosità, ndr) virtuale. Dietro le tastiere tutti si sentono forti ed urlano indignazione. Poi, tranne quei pochi veramente attivi, c’è ben poco.

Ma le associazioni di categoria? La Cia dovrebbe…
La Cia? Macché

Fenice guadagna sull’immondizia. In Basilicata fa guadagno anche sulla loro pelle…
Certo. Pensi, nel primo trimestre 2011 Edf ha fatturato 19 miliardi di euro. Parliamo di miliardi, una montagna di soldi. Nessuno, ad esempio, si è mai chiesto come mai, un giocattolo così costoso, sia stato dato in gestione ad una srl (Fenice srl, ndr) che, come capitale sociale, non ha che 50 mila euro.

Per rischiare meno?
No, per rischiare zero

Che cosa chiede Bolognetti?
Non lo chiede solo Bolognetti, ma la collettività: bisogna rendere pubbliche tutte le informazioni possibili. In maniera precisa e puntuale, affidando i controlli ad un organo di vera garanzia. Quelle sull’immondizia. E’ giusto o non è giusto che il cittadino sappia che fine faccia la sua raccolta differenziata? E’ giusto o non è giusto che il cittadino sappia dove e come venga smaltito il suo R.S.U e come i rifiuti speciali? E poi le informazioni ambientali. La falda è inquinata. perché? Di chi è la responsabilità? Chi non ha controllato? Tutto. Serve una battaglia di trasparenza.

I rifiuti di fenice, per anni, hanno bruciato più del consentito…
Si, è vero. E, dopo averlo fatto, hanno chiesto l’ampliamento della capacità di uno dei due forni a loro disposizione. Il risultato è che abbiamo un tasso di mercurio nelle acque 140 volte superiore rispetto al consentito.

Ma non è tardi per muoversi?
In verità le dico che sì, forse molto è stato compromesso irrimediabilmente: la salute dell’ambiente e delle persone di certo.

FOCUS – L’inchiesta di Stato