Radio Padania e i deputati meridionali


(Profilo fb Radio padania)

Ci hanno abituato alle levate di scudi in difesa delle idee del grande capo. Ci hanno abituati a ruttare insulti contro rom e campi nomadi. Hanno tentato ci convincerci di esser diventati bravi con la giacca e la cravatta di ordinanza, in veste di Ministri della Repubblica(z). Hanno provato a fare anche qualche discorso sensato. Ci hanno voluto far poi credere che sì, non c’è nulla di meglio di un ministero dislocato presso Villa Reale a Monza per tradurre un Politbjuro qualunquista in un progetto politico.

E ci hanno abituati a Radio Padania, alle sue trasmissioni infamanti, alla base che fa opinione o che intende dettare la linea. Ci hanno assopiti in un sogno di bambagia democratica. Per fortuna, di tanto in tanti, il rumore ci sveglia. O, almeno, si spera…

Mafia si, mafia no, mafia ni

Carolina Lussana

QUESTO UNO STRALCIO DELL’INTERVENTO DELLA SENATRICE LEGHISTA CAROLINA LUSSANA. ARGOMENTO: IL CONTRASTRO DEL GOVERNO BERLUSCONI, E DELLA LEGA IN MANIERA INDIRETTA, ALLE MAFIE

“I dati relativi all’andamento della criminalità, con un sensibile calo della delittuosità generale e i successi riportati nel contrasto alla criminalità organizzata, sono dati che parlano chiaro. Altri e di diverso colore politico sono stati i Governi che hanno portato avanti la trattativa fra Stato e mafia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).
Questo è stato il Governo che più di tutti ha portato avanti la lotta contro le mafie: 661 operazioni di polizia giudiziaria, 6.754 mafiosi arrestati, 28, su un elenco di 30, latitanti di massima pericolosità arrestati, quasi 15 miliardi di euro il valore dei beni sequestrati alle mafie, 3 miliardi di euro confiscati e il codice unico antimafia, che ha fatto finalmente diventare legge le proposte di due eroi dell’antimafia come Falcone e Borsellino (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Questa è la legalità dei fatti e non delle parole(Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)”.

Gianfranco Miglio

QUESTE, INVECE, LE PAROLE DEL CD IDEOLOGO DELLA LEGA NORD, SODALIZIO DI APPARTENENZA DELLA LUSSANA, GIANFRANCO MIGLIO. TANTO PER CONTRIBUIRE A RENDERE GIUSTIZIA AI FATTI, MIGLIO E’ QUEL TALE SANTIFICATO CUI LA LEGALITARIA LEGA NORD, IN QUEL DI ADRO, HA DEDICATO UNA SCUOLA ELEMENTARE E CHE HA IMBOTTITO DI SIMBOLI ALPINI

“Che cos’è la mafia? Potere personale spinto al delitto. Bisogna partire dal concetto che alcune manifestazion tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate”


Adro – Roma, scuole contro

Simboli alla scuola di Adro (bergamonews.it)ANNO scolastico 2010/2011: l’inizio. E, tra i banchi, nuovi timori. Li ha cavati fuori dal buco storico, a (Foggia Il dibattito), Mariapia Garavaglia, l’ex ministro ombra del Partito Democratico, contraltare oscuro e senza potere della sciaguratissima Mariastella Gelmini: “Senza la scuola non c’è più lo Stato”. Non solo perché, ha esemplificato, in molte piccole realtà, l’edificio scolastico non c’è più; ma soprattutto perché, diciamocelo, allo Stato, della scuola, non interessa più nulla. La decadenza della scuola, con le ovvie ripercussioni che avrà sul futuro di una generazione presa e gettata al macero della Storia, significa sold out delle intelligenze. Dar via 8 miliardi di euro, utilizzandoli per il rifinanziamento delle missioni militari all’estero, significa issare la bandiera bianca sulla nave della speranza del cambiamento. Significa consegnare vite intere all’incerto, commutare la pedagogia in affarismodetrarre il pensiero dal corpo. È, in definitiva, la peggiore possibile delle riscritture del libro “Cuore”.
Anno scolastico siderale 2010/2011. Il nuovo diario di bordo è macchiato in copertina dagli schizzi ematici frutto della macelleria sociale che va sotto il nome semplicistico di “precarietà”. Va di tappa in tappa e ci va sempre più lentamente. Descrive di come le ricchezze divengano problemi e di come mai accada l’opposto. Per dire: succede che nella crisi non si trovi la forza di investire, ma non che all’aumento degli studenti extracomunitari o, comunque, stranieri, coincida un corrispettivo piano di revisione dell’oramai desueto sistema scolastico. Non c’è stata una scannerizzazione dei fenomeni potenzialmente stimolanti a punto tale da poter divenire slancio di rinnovamento. La scuola dei ministeri, la scuola della burocrazia, si è arenata di rimpetto ai numeri. Non ha fatto degli scogli un trampolino naturale, solo frangiflutti ordinati per mantenere la parte peggiore del vecchio status quo. Così facendo, ci si è trovati immersi in una scuola dei numeri. Cassaforte o salvadanaio nelle situazioni di emergenza. O, peggio ancora, una scuola della chiusura. Ermetismo in età globalizzata. Quella stessa globalizzazione utilizzata per smantellare il sistema educativo pezzo dopo pezzo, mattone dopo mattone, si è ritorta come un boomerang. Il mondo si apre e la scuola si chiude. Il caso della “Carlo Pisacane” di Roma, classi con un italiano ogni venti alunni stranieri, è la prova di quello che ci ritroveremo di fronte. Di sfide che non sono duelli, ma stimoli a cui rispondere. Insomma, la Capitanata, con le sue masse di migranti, con i suoi camminatori stagionali, con la sua fusione di culture, potrebbe divenire crocicchio e capolinea del cambiamento. L’integrazione deve funzionare da risposta automatica alla domanda di accoglienza, di educazione. Ed invece si persevera nell’indicare “a rischio” o, nel migliore dei casi, “di frontiera”, plessi a decisa presenza straniera.

Ma nel diario di bordo 2010/2011, proprio alla pagina numero 1, c’è l’evoluzione ovvia che la scuola ha intrapreso. La fotografia dal vero della gravità tumorale dell’educazione. Non già e non più luogo fisico – la scuola – e metafisico – la cultura, la conoscenza – di aperture e scambi, di biblioteche interculturali e lingue che si fondono, di colori e di tradizioni, di religioni e di modi di vestire, ma rivendicazione orgogliosa e tronfia del senso di comunità. Già. Perché nella scuola del 2010, nel mezzo degli stracci sporchi che volano nel sottoinsieme dei precari, messi l’uno contro l’altro dalla burocrazia, ci sono i simboli di demarcazione. Discussioni progettuali insabbiate ed insterilite dalla polemica. Fanfaronica – ci si faccia passare il neologismo – l’inaugurazione della scuola primaria di Adro, paesino di 7 mila abitanti del bresciano. L’edificio è stato dedicato a Gianfranco Miglio, padre ideologico della Lega Nord ed è cesellato, in tutta la sua strumentazione, dai banchi ai cartelli, dalle lavagne agli zerbini, dei simboli della stella delle Alpi. Passi il richiamo storico, ma si arresti quello politico. Fa pena leggere le dichiarazione della ministra che, di fronte ad uno smacco per lo Stato, la cultura e la decenza collettiva, si è limitata prima a redarguire il primo cittadino Oscar Lancini, onde poi strigliare, all’opposto, i luogotenenti della conservazione sinistrorsa i cui simboli, a suo dire, campeggiano da decenni nelle scuole. In verità, tranne che per qualche effigie di Karl Marx sui libri di filosofia, rare bandiere iridate della pace apparsa a sparuti balconi e l’ardire giovanile di qualche isolato capellone nell’indossare una t-shirt del Che, i muri sono un ribollire sconclusionato di crocifissi, cuoricini, iniziali d’innamorati e simboli fallici. A meno che la Ministra non eccepisca sulla simbologia di finestre rotte e porte scardinate, pareti scorticate e rubinetti d’acqua non potabile. Ma, anche di fronte a questa constatazione, Adro non solo non è la Barbiana di Don MIlani, dove il tenace sacerdote, stretto a tenaglia fra Democrazia Cristiana e Curia, si ribellava all’ignoranza rivendicando la preminenza della conoscenza, ma semplicemente non è classificabile neppure in quanto scuola. È, per dirla con Nichi Vendola, soltanto “una oscena forma di appropriazione messa in atto dalla cattiva politica nei confronti dello spazio pubblico”.

ARTICOLO PUBBLICATO SU:

http://www.statoquotidiano.it/16/09/2010/la-non-scuola-di-adro/34336/