Arresti Fenice. Comunicato Comitatocontro inceneritori Foggia et al

E va bene, li hanno arrestati. Sigillito e Bove sono a casa, in custodia cautelare, arrestati come gli unici colpevoli di questo disastro ambientale chiamato Fenice. Non si può essere contenti. Non si gioisce mai di fronte ad un provvedimento d’arresto. Specie poi, se, ad esserne colpiti, sono coloro i quali, per anni, hanno avuto il compito di vigilare sulla nostra sicurezza, sulla salute.

Insomma, siamo stati traditi, noi cittadini, non già da chi avvelena, ma da chi avrebbe dovuto, con noi e per noi, evitare che questo accadesse. E tutto questo lo sapevamo già. Lo sapevamo prima che lo dicessero i giornali nazionali, lo sapevamo già prima che uscissero le carte e che uno strano incendio desse fuoco ad una parte dell’impianto melfitano. Anzi, non soltanto lo sapevamo. Ma lo dicevamo, accodandoci alle voci fortissime del Comitato Diritto alla salute di Lavello e all’associazione Ola che, insieme a quella di Maurizio Bolognetti, hanno urlato per fermare uno scandalo immane, grande così. Lo dicevamo partecipando alle manifestazioni organizzate a Lavello e a Cerignola, dove il gruppo Marcegaglia sta mettendo in atto una follia non dissimile da quella Edf. Lo dicevamo con il nostro impegno concreto, nel quotidiano, nelle mille domande rivolte a chi di dovere, nelle continue prese di posizione che ci hanno resi invisi anche a quelli che, un tempo, si proclamavano amici.

Ma c’è una cosa di cui diffidiamo: dei facili entusiasmi. Non è la prima volta che una Procura focalizza l’attenzione sull’inceneritore di Melfi. E, se già una volta (grazie anche a procuratori dai comportamenti strani), è stato silenziato tutto, il pericolo più grande è di trovarsi di fronte ad un nuovo caso di insabbiamento. I due arresti dei due dirigenti Arpa ci sembrano un contentino, un dare alla folla ciò che la folla vuole, per non andare più a fondo. Significa togliere il grasso dalla superficie mentre, all’interno, i batteri continuano ad operare, sgretolando la società civile con i denti di morte. Un dente si chiama arsenico, uno nichel, uno manganese, uno ferro, uno benzene. E se Bove e Sigillito hanno la grandissima responsabilità di aver appoggiato questo stato di cose, non possiamo fare a meno di chiederci chi, invece, queste cose le muove. E perché non cali su di loro la mannaia della giustizia con la stessa, durissima, mano con cui è caduta sui due Dirigenti regionali. Che, detto fino in fondo, sono semplicemente i capretti sacrificali dei bagordi pasquali dei mammasantissima della multinazionale francese”. “Perché, ricordiamo a chi fa festa prematuramente, di fronte agli incendi, alle carte, alle rivelazioni, persino agli arresti, l’impianto mortifero continua ad operare, imperterrito, come niente fosse. Vanificando l’idea stessa di giustizia e sacrificandola, per l’ennesima volta all’altare dell’interesse.

(Firmato: Comitato contro gli inceneritori Foggia – Acli ambiente – Anni Verdi – Verdi Ambiente Società –VAS – Legambiente, Rifondazione Comunista)

Fenice, lo stillicidio continua. A settembre anche ferro e benzene

L'area della Fenice; in rosso, i pozzi di emungimento (googlemaps)

Lavello (Potenza) – QUESTA volta – come se fosse la prima – si è reso necessario spingere forte sull’acceleratore per ottenere la pubblicazione dei dati relativi al monitoraggio delle acque dei pozzi a valle dell’inceneritore Fenice. Evidentemente, la pubblicazione delle ‘carte nascoste’ e l’incendio scoppiato una decina di giorni fa (c’è stata un’interrogazione parlamentare della radicale Elisabetta Zamparutti), hanno tramutato queste settimane in una pentola a pressione stracolma di acqua già bollente. Il caso Fenice è divenuto caso nazionale. Oltre all’anunciato ritorno di Striscia la Notizia, si è occupato dell’inceneritore melfitano anche il sito web del quotidiano La Repubblica. Un’inchiesta, quella di Repubblica, che non ha aggiunto nulla di sconvolgentemente nuovo, tornando a ricalcare i passi della (mala) gestione decennale di Edf. Ma anche delle reticenze di Arpab, Asl e Procure di Melfi e di Potenza e riducendo quasi a zero l’invece immane lavoro condotto sul terreno da ambientalisti e Radicali.

ECO CAPITANATA – Intanto, mentre la diffusione della notizia va avanti con insistenza, le carte pubblicate oggi da Via della Chimica confermano l’esizialità di Fenice. L’impianto continua ad inquinare a piene mani, indipendenetemente che gli scheletri emergano o meno dagli armadi. Finora, tranne il sindaco di Melfi Valvano e poche associazioni, nessuno si è spinto a chiedere il sequestro dell’inceneritore amato alla follia dalla Regione Basilicata e da svariati esponenti del Partito Democratico lucano. E si fa fatica a capire cosa si attenda oltre, stando anche il fatto che, per molto meno, nella vicina Cerignola si è chiuso Eco Capitanata, stabilimento simile, per molto meno.

METALLI PESANTI – A settembre, pur rientrando nella norma l’arsenico, si è registrato un aumento dei metalli pesanti più pericolosi: ovvero, nichel e manganese. Si tratta degli eterni ‘compagni di vita’ della popolazione del Vulture. Ma non solo, dato che, come scritto proprio dal quotidiano di Scalfari, “oltre alla zona del Vulture – Alto Bradano lucano, dove vivono circa centomila persone, l’inquinamento potrebbe toccare, se il fiume risultasse contaminato, anche le province di Foggia e Bari”. E lo fa senza dubbio. Presenza abbondante di nichel (cancerogeno ma sopratutto insistente a livello di allergie), è stata rinvenuta in sei pozzi su nove (come a luglio). Sballate le cifre dei pozzi di rilevamento numeri 3, 5, 6, 7, 8 e 9, con violazioni che sforano di oltre 15 volte il limite fissato dal D.Lgs. n.152/06. La stima più allarmante è stata quella registrata sulle acque del pozzo numero 8, dove, a fronte di un tetto massimo di 20ug/l, sono stati rilevati 308 ug/l. Non va meglio per quel che attiene il manganese. Come a luglio, cinque i pozzi contaminati (settembre: 2, 4, 5, 6, 8), con dati estremamente peggiori rispetti a quelli di due mesi fa. Prima di agosto, infatti, i ‘pozzi maledetti’ restituivano stime comprese fra i 265 e i 650 ug/l. Il mese scorso, al contrario, i nanogrammi hanno sforato (e non è comunque la prima volta, è anche andata molto peggio) quota 1000. E’ quanto si registra alla casella del sesto dei pozzi piezometrici, dove, contro un limite di 50 ug/l stabilito per legge, si quantificano 1021 nanogrammi di manganese per litro. Ovvero, oltre 20 volte in più di quanto consentito dalla già clemente normativa statale.

FERRO – Ma, come sempre, non mancano le new entry. E’ il caso del ferro, presente nei rilevamenti del mortifero pozzo numero sei, dove, anche se di poco, i livelli sforano la soglia d’attenzione (296 ug/l contro i 200 massimi previsti per legge). Si legge su Wikipedia: “Un apporto eccessivo di ferro tramite l’alimentazione è tossico perché l’eccesso di ioni ferro reagisce con i perossidi nel corpo formando radicali liberi. Finché il ferro rimane a livelli normali, i meccanismi anti-ossidanti del corpo riescono a mantenere il livello di radicali liberi sotto controllo. La dose quotidiana di ferro consigliata per un adulto è 45 milligrammi al giorno, 40 milligrammi al giorno per bambini fino a 14 anni. Un eccesso di ferro può produrre disturbi (emocromatosi); per questo l’assunzione di ferro tramite medicinali va eseguita sotto controllo medico ed in caso di oggettiva carenza di ferro”. Insomma, a tossico, è tossico, non corrono dubbi.

“SPEGNERE FENICE” – Laconico il commento del Comitato Diritto alla Salute di Lavello: “A questo punto la Provincia non ha più motivo di tenere in essere l’autorizzazione provvisoria”. Come dire: Fenice va chiusa. Tanto più perché, oltre ai metalli pesanti, persistono nelle acque valori eccedenti di alifatici clorurati cancerogeni (in particolare allarmano tricloroetilene e tetracloroetilene) e, altra novità, il benzene (pozzo numero 7). “Chi ha il potere di bloccare, sospendere, spegnere l’inceneritore lo deve fare immediatamente e senza indugio”, chiosa l’associazione lavellese. Sperando che non sia già troppo tardi per intervenire.

p.ferrante@statoquotidiano.it

FOCUS, TUTTA L’INCHIESTA FENICE DALLE PAGINE DI STATO
1. Fenice, un caso di (a)normale inquinamento (Stato Quotidiano, 16 maggio 2011)
2. Fenice, la verità di Bolognetti: “Ci uccidono in silenzio” (Stato Quotidiano, 27 maggio 2011)
3. Fenice, contro l’inceneritore si muove anche la Capitanata (Stato Quotidiano, 31 maggio 2011)

4. Melfi, i panni sporchi di Arpab: “Giusto che Fenice chieda di bruciare di più” (Stato Quotidiano, 9 giugno 2011)
5. Fenice la rabbia del Comitato di Lavello: “Una presa in giro” (Stato Quotidiano, 14 giugno 2011)
6. Fenice avvelena ancora. A maggio riscontrato Arsenico (Stato Quotidiano, 20 giugno 2011)

7. Fenice, Comitato di Capitanata: “Clamoroso silenzio delle istituzioni” (Stato Quotidiano, 21 giugno 2011)
8. Bolognetti in tackle su Arpab: “Qualcuno blocchi Fenice”
9. L’intervista al Coordinatore Arpa di Potenza, Bruno Bove (28 giugno 2011)
10. Bolognetti contro Bove: “Se ci sono i dati, allora li tiri fuori” (4 luglio 2011)
11. La gente di Foggia, quella di Lavello e un grido: “No a Fenice” (9 luglio 2011)
12. Fenice, la battaglia va avanti. Le associazioni denunciano Edf (Stato Quotidiano, 29 settembre 2011)

Bolognetti vs Bove: “Se ci sono i dati, allora li tiri fuori”

Maurizio Bolognetti in una delle sue tante battaglie che gli sono valse l'encomio di Pannella (fb)

Potenza – QUALCOSA si sta incominciando a muovere sul fronte Fenice. Il consigliere regionale Nicola Pagliuca, capogruppo del Popolo delle Libertà in seno all’assise di Viale della Regione, pochi giorni fa ha scosso dal sonnecchioso torpore la politica lucana, scagliando, nel mezzo del placido laghetto, una pietra che, per la verità, Stato Quotidiano aveva lanciato, con gran clamore, oltre un mese fa. “Chiediamo al Presidente della Giunta Regionale [Vito De Filippo, Pd, ndr] di conoscere le motivazioni addotte dalla Fenice S.p.A. circa il passaggio di gestione alla nuova società e se sono state fornite, agli enti competenti, le garanzie necessarie considerato l’esiguo importo del capitale sociale della Fenice S.r.l.”. E, con Stato, i Comitati locali ed i Radicali Lucani.

Lo scossone più grande, comunque, giungerà dalla manifestazione indetta dall’organizzazione “Diritto alla Salute” di Lavello. Una grande manifestazione, messa in piedi per venerdì (8 luglio, ore 18.30, Piazzale Sacro Cuore), nata in quattro e quattr’otto per richiamare l’attenzione dei media, per sbandierare al resto della penisola il malcontento e per far recapitare a chi di dovere (Regione Basilicata, Arpab, Asl) messaggi di mancato addestramento della popolazione. Neppure l’incitamento degli operai del termodistruttore, il ricatto del lavoro, ha fermato la battaglia. In piazza si va, dicono dalle parti del Comitato lucano, per “far chiudere lo stabilimento di Fenice”. Che, vale la pena ricordarlo, mette a repentaglio la salute della popolazione e della filiera agroalimentare anche della provincia di Foggia.

L’intervista rilasciata a Stato dal Coordinatore dell’Arpa della Provincia di Potenza, Bruno Bove, intanto è deflagrata con tanto di boato accessorio. Tutti i giornali lucani hanno ripreso la notizia. In un trafiletto, l’edizione de La Gazzetta del Mezzogiorno, si è anche chiesta la liceità avocatasi dagli Uffici dell’Arpa di non pubblicare i dati di fronte ad una situazione tanto grave (a maggio, va ricordato, nei pozzi di emungimento a valle di Fenice sono state rinvenute quantità consistenti di arsenico).

“E io ho presentato un esposto in Procura a Potenza”, introduce Maurizio Bolognetti (direzione nazionale Radicali, da sempre impegnato nella battaglia contro l’incenerimento a Melfi).

L’ennesimo, Bolognetti. Allora ha ragione Marco Pannella quando la ringrazia per “la sua tenacia e per la forza con cui porta avanti le battaglie anche da solo”. Ma serviranno queste azioni? No, sa, perché, in tutta questa storia, esce fuori una magistratura particolarmente tardiva nei provvedimenti…
E come potevo non farlo? Quando leggo dichiarazioni come quelle rilasciate a lei da Bove, in cui lui si arroga il diritto di non pubblicare dati che sono pubblici e che, nel 2009, la stessa Procura di Melfi ha desecretato, non posso che invocare, anche a livello ufficiale, una subitanea presa di posizione da parte della Procura. Poi, magari, ciò non avverrà.

Cosa la sorprende, Bolognetti?
La domanda è un’altra: come può un funzionario dell’Arpa, uno che sarebbe tenuto a garantire la salute dei cittadini, decidere, al contrario, di mettere sotto silenzio una cosa che ha riflessi estremamente pesanti sulla salute delle comunità?

Ve bene, lo chiediamo a lei: come può?
Non lo so come possa farlo. So che, facendolo, va incontro ad una palese violazione della Convenzione di Århus che, all’articolo 5, comma C, prevede la diffusione immediata e senza indugio di ogni cifra a dato o elemento che descriva l’attività di qualsiasi cosa abbia ripercussioni dirette sulla salute delle persone e dell’ambiente. A Potenza ed a Lavello, invece, si sta scherzando amenamente sulla pelle della persone, di un’intera comunità di cittadini. E questa cosa è estremamente grave.

Bove ci ha confermato che i dati ci sono e che è necessario domandarli con atto formale. Dopo di che, chiederà alla Procura se…
Ma sono due anni che chiediamo la documentazione all’Agenzia Regionale per l’Ambiente! Questa sui dati, mi creda, è una querelle storica, un tira e molla che, in tutta franchezza, mi sta seccando. Sta seccando me, sta seccando i Radicali, sta seccando i Comitati e i cittadini. Prima, e parlo del giugno del 2009, dicono che sono secretati. Quando, ad ottobre di due anni fa, la Procura di Melfi decide, finalmente, che è giunto il momento di sapere ed ordina la pubblicazione degli stessi, ci vengono fatti vedere solo quelli a partire dal 2008 (ora scomparsi dal sito dell’Arpab, misteriosamente, ndr). E gli altri? E quelli precedenti? Bove, tempo fa, ha detto e cito che tutti “sapevano che Fenice stava inquinando”. Bella scoperta. E, chiedo a Bove: che avete fatto per fermarla? Niente, hanno alzato le mani e detto che, al contrario, non spettava all’Arpa intervenire. Mi sembra tutto molto grottesco.

Bolognetti che c’è in quei dati di tanto sconvolgente? Insomma, ormai tutto il peggio è uscito: nichel, manganese, arsenico. Le colpe di Fenice, la vostra verità. Cosa li spinge a non pubblicare proprio quelli precedenti?
(grossa risata) Questo bisognerebbe chiederlo a Vincenzo Sigillito (ex direttore dell’Arpab, ndr), a Raffaele Vita (attuale direttore dell’Arpab, ndr), a Bruno Bove, a Fenice.

…alla magistratura…
In particolare al Procuratore di Melfi, Renato Arminio.

Che c’era?
E chi lo sa? Ufficialmente erano dati incompleti e non formali. Ciò significa che o non sono stati fatti i controlli, oppure, nel caso questi siano stati fatti, nessuno si è preso l’onere di firmare le carte…

Non c’è mai fine al peggio?
Forse i dati erano peggiori di quelli attuali, si. Forse erano centinaia di volte superiori alla norma. Forse temono si possano scoprire connessioni terribili con le morti sul territorio. L’inquinamento, e soprattutto certo inquinamento, non scompare con il tempo. Resta incollato sulla pelle di una terra: sui suoi frutti, sui suoi suoli, sulle sue acque. Stanno ammazzando un territorio che, prima dell’indotto Sata, era puro e vergine. E, soprattutto, vivibile.

E se Bove avesse ragione a dire che è la Procura a non volere la diffusione dei dati?
Io non ho nulla contro Bove, sia chiaro. Tuttavia, mi sembra alquanto particolare che una Procura decida di togliere il segreto istruttorio soltanto su certe carte e non su altre. Magari da quelle fatte passare sotto silenzio non esce nulla di scandaloso. Oddio, già sapere che l’inquinamento incide sul Vulture non da due anni ma da nove sarebbe una notizia drammatica. In ogni caso il problema è anche di democrazia. I cittadini hanno il diritto di sapere.

Ma la politica che fa?
La che? La chi? Non ricordo di aver mai sentito l’Assessore alla Sanità della Regione Lucania, Mancusi, fare pubbliche dichiarazioni contro l’inceneritore La Fenice di Melfi. E non credo di sbagliarmi. L’unica uscita che si ricorda del buon Mancusi risale ad un paio di anni fa e concerne un battibecco avuto in consiglio regionale con l’ex sindaco di Melfi, Alfonso Ernesto Navazio, al quale Mancusi ricordava che, dal 2006, non si svolgono indagini epidemiologiche sull’area. Tutto qua.

Nicola Pagliuca, consigliere regionale di centrodestra, la settimana scorsa ha posto in essere il passaggio da Fenice spa a Fenice srl nella gestione dell’impianto, chiedendo conto al Presidente Vito De Filippo del motivo per il quale la regione abbia taciuto di fronte a questa sorta di pre ammissione di colpevolezza della società di gestione dell’inceneritore melfitano.
Sono passati sette mesi da quel passaggio di consegne e Pagliuca è stato il primo, diciamo così, politico istituzionale a portare allo scoperto la questione. Voi di stato, ad esempio, ne avete parlato un mese fa. Io lo denuncio da gennaio. I Comitati fanno altrettanto. Basta fare una sillogica deduzione…

Dalle parti di De Filippo tutto tace…
E che si aspettava? La tattica è quella del muro di gomma: assorbire il colpo e, nel caso, fagocitare.

Neppure il Sistema Sanitario brilla in questa storia…
E, su questo, mi sento di dare ragione al dottor Bove. L’Asl, anzi le Asl delle zone coinvolte, dove sono finite? Le ultime rilevazioni risalgono addirittura al 2006. E già allora – ecco perché crediamo che ci sia premeditazione dietro il “ritardo” – le stime erano incredibilmente allarmanti. E ora? A Lavello i cittadini ripetono ossessivamente che tre su cinque dei ricoverati al Crob vengono dal loro paese. Che non è New York. Che cosa vogliono fare? Attuare uno sterminio di massa? Diano delle risposte e facciano subito. Si attivi il personale sanitario, si scuotano anche gli stessi medici di base. Non restino chiusi nel loro silenzio. In tutta la Basilicata, lo dice l’Istat, non un Bolognetti qualunque, c’è stato nel 2006 un tasso di incidenza tumorale più grande che in tutto il resto del Paese. Questa peste italiana deve essere curata.

Tutti i panni sporchi di Arpab: “Chi non è con noi è uno spione!”

Inceneritore La fenice (pietrodommarco.it)

Foggia – E non è finita qui. La vicenda Fenice riesce sempre a regalare nuove perle ed incredibili risvolti. Ping pong da un campo all’altro. Ovvero, dalla bugia alla formalità, scavalcando la rete della verità. Martedì (7 giugno), si è tenuto a Potenza un incontro presso la sede dell’Arpa Basilicata. Un incontro interlocutorio che avrebbe, di fatto, dovuto far luce sul futuro dell’ambiente lucano, sui dati mancanti. Squarciare, insomma, il velo di mistero che avvolge buona parte dell’operato della società che gestisce il termovalorizzatore operante all’interno dell’indotto della Sata di Melfi.

DIRITTI E DOVERI – Come sempre, un vacuo blaterare. Nessuna soluzione, nessuna proposta, nessuna forma di risoluzione delle problematiche. Piuttosto, tra le parti, un gelo che, ossimoricamente, è quanto mai arroventato. I rapporti sono tesi. Da un lato, l’Agenzia per il controllo dell’Ambiente che dovrebbe vigilare e non vigila, legata a doppio mandato con l’Edf. Il quadro è chiaro. Dopo la speranza che il cambio al vertice (a gennaio, da Vincenzo Sigillito a Raffaele Vita) potesse produrre qualche schiarimento nel cielo plumbeo dell’incenerimento, è sopraggiunta la desolazione di una continuità imbarazzante. Anche perché chi comanda le fila dell’Arpab è Bruno Bove, potentissimo Coordinatore provinciale, uomo onnipresente e tentacolare, uno di quelli che con Fenice ci va a braccetto. E non da oggi. Nei suoi poteri, c’è il monitoraggio sui pozzi di emungimento per il controllo della qualità delle acque che, attraverso falda, scaricano nell’Ofanto.

Tra i suoi doveri, al contrario, l’obbligo di capire. Ad esempio, come mai ci sia almeno un pozzo essiccato (su cui, dunque, non è possibile campionare i dati). Quali sono le ragioni di questa anomalia? E perché non è stato mai segnalato il problema? Sta all’Arpa, inoltre, spiegare che fine abbiamo fatto i dati del monitoraggio dei pozzi nel periodo compreso fra 2000 e 2006. Sei anni di silenzio e, per bocca dell’ex direttore Arpab Sigillito – e dello stesso Bove – sei anni in cui, senza limiti, Fenice ha inquinato a spron battuto sapendo di inquinare e violando molti dei limiti imposti allo smaltimento, accogliendo senza controllo tonnellate di materiali pericolosi proveninenti da ogni parte d’Europa.

CONTROLLO POZZI: SEMPRE PEGGIO – Martedì, piuttosto che spiegare queste cose, l’Arpa ha cercato di rasserenare gli animi sulla giustezza della strategia d’incenerimento. E soprattutto, è stato Bove a lavorare ai fianchi del ragionamento per modellare il pensiero degli astanti. Bove non ha usato mezze misure, ha scansato il dito dietro cui si è ricoperto per anni ed ha ammesso che “Fenice è un punto importante dello smaltimento dei rifiuti in Basilicata”. Liet motiv usurante. La strategia va avanti: negare la ricaduta sull’ambiente e difendere ad oltranza l’operato del termodistruttore lucano. Malgrado i dati di marzo sul monitoraggio dei pozzi (da pochissimi giorni resi pubblici) parlino chiaro e confermino un preoccupante livello, nell’acqua, di nickel e manganese. Metalli pesanti. L’uno e l’altro cause accertate di malattie degenerative per l’organismo umano. Provocano non soltanto tumori, ma anche infezioni, allergie, morbi (esempio il manganese è una delle principali cause del parkinson).

SINDROME NIMBY? – Malattie vere, dunque. Il tutto, mentre Bove calcava la mano sulla sindrome Nimby (acronimo di not in my backyard), come motivo principe della mancata differenziata in Basilicata e concentramento della spazzatura nei forni crematori dello stabilimento dell’Edf. Edf che, come scritto da Stato, ha domandato, malgrado le palesi violazioni dei limiti e dei controlli, addirittura l’aumento di possibilità d’incenerimento di uno dei due forni. Richiesta insolita. Se si pensa che, già in questo momento, i valori di alcuni metalli oltrepassano finanche i limiti previsti per legge.

BOLOGNETTI: “PER LORO CHI DENUNCIA E’ UNA SPIA” – Ed anche sull’aumento l’Arpab fa finta di niente. Bove ha anzi implicitamente ammesso che non si può impedire a Fenice di espandere la capacità crematoria ed accusato chiunque vi si opponga – primo fra tutti Maurizio Bolognetti, esponente della Direzione Nazionale dei radicali – di essere una “spia”. Bolognetti non ha tenuto l’offesa. E, commentando l’incontro, ha risposto per le rime, anche se a posteriori, al Coordinatore dell’Arpab. “Ho provato la sgradevole sensazione di trovarmi di fronte ad una mera operazione di marketing, tesa a migliorare la disastrata immagine dell’agenzia regionale per l’ambiente dopo la famigerata gestione Sigillito”, scrive a Stato. Peggio: “Più uno specchietto per le allodole che una reale volontà di confrontarsi con cittadini e associazioni”. Tutta un montatura, dunque? Parrebbe di sì. La strategia dell’Arpab è da rivergination. Una ricreazione imenea che, tuttavia, non si addice ad un uomo scaltro e scafato come Bove. Bolognetti lo sa, ne è conscio. Ma sa anche che lo scontro cruento, in questo momento, causerebbe più danni che benefici. In ogni caso, il suo onito è evidente: “Bove e soci, anziché perdersi in valutazioni politiche e in aggressioni a chi rivendica conoscenza e trasparenza, farebbero bene a limitarsi a parlare dei monitoraggi effettuati, di reagenti e dei monitoraggi che non ci sono stati”. Di più: “Da mesi chiediamo di accrescere il tasso di trasparenza dell’Agenzia e di mettere tutti i documenti inerenti la vicenda Fenice sul sito dell’Arpa Basilicata. Da mesi, ascoltiamo un monotono refrain: “occorre tempo”. E’ proprio così difficile – si chiede Bolognetti – caricare on-line i verbali delle conferenze di servizio, le analisi di rischio e i piani di caratterizzazione?” Risposta: “Francamente, risulta difficile crederlo”.

LAVELLO – Il tutto mentre, per le strade di Lavello, è apparso un camion, di quelli utilizzati per diffondere le pubblicità, con una gigantografia di un manifesto funebre. “Grazie Fenice. Dacci oggi il nostro cancro quotidiano”, la scritta. La manifestazione di dissenso, ispirata dal comitato Diritto alla Salute del centro del Vulture-melfese, ha fatto da cornice (e da prodromo) all’evento potentino.

L’AUDIO (grazie a Maurizio Bolognetti) – Incontro in Fenice. Bove: \”Spione\”

p.ferrante@statoquotidiano.it

FOCUS, GLI ARTICOLI DI STATO – 1. Fenice, un caso di (a)normale inquinamento (Stato Quotidiano, 16 maggio 2011)
2. Fenice, la verità di Bolognetti: “Ci uccidono in silenzio” (Stato Quotidiano, 27 maggio 2011)
3. Fenice, contro l’inceneritore si muove anche la Capitanata (Stato Quotidiano, 31 maggio 2011)

“Ci stanno uccidendo silenziosamente”. Parla Bolognetti

Foggia – MAURIZIO Bolognetti, Direzione Nazionale di Radicali Italiani, al telefono, è un fiume in piena: “Se presenti una denuncia per porre un freno al disastro ambientale e finisci per essere accusato di procurato allarme, significa che qualcosa non va come dovrebbe andare”. E, soprattutto, che in ballo ci sono una miriadi d’interessi. Sulla questione dell’inceneritore Fenice, di cui Stato Quotidiano si sta occupando, poi, ce ne sono di sfaccettati. Il Vulture melfese è ridotto ad un agglomerato di polveri sottili e metalli pesanti, gettati nell’aria, senza parsimonia, non solo dai 200 camini della Fiat, ma anche da quelli di Fenice. Impatto che diventa devastante se, in aggiunta, ci si aggiunge l’inquinamento della falda sottostante che finisce dritta dritta nell’Ofanto.

Non allusioni scortesi, ma dati di fatto, comprovati, sin dal 2006, da Arpa Basilicata, Crob di Rionero e dal Ministero della Salute (attraverso il rapporto Ispra 2009). L’esponente radicale (che sta per editare, per conto della Reality book, il testo “La peste italiana: il caso Lucania. Dossier sui veleni ambientali e politici che stanno uccidendo la Basilicata”) è uno dei più grandi conoscitori della situazione delle acque lucane. Dagli invasi del Pertusillo e di Camastra, fino, appunto, allo sversamento di sostanze tossiche nei fiumi. La questione di Fenice lo indigna con profondo disprezzo. Di quell’indignazione che non è aleatoria, ma si fonda sulle stime ed i dati. Quelli che ci sono e quelli che, per negligenza e per mistero cinico, non ci sono, scomparsi tra i fumi del tempo, inabissati nella fanghiglia tossica.

Partiamo dal marzo 2009, Bolognetti. Ovvero, da quando il caso Fenice deflagra come una bomba piena di chiodi…
.. e la Procura di Melfi, finalmente, apre un fascicolo. A proposito, quell’inchiesta non si sa a che punto sia giunta, quali sono le conclusioni. E’ finita a Potenza. Ma, anche lì, è nascosta. Tornando al marzo del 2009, alla pubblicazione dei primi dati Arpa. E’ curioso che si sia atteso tanto. Ormai è appurato che, sin da due anni prima, ovvero dal 2007, Vincenzo Sigillito, direttore dell’Arpa Basilicata, sapeva dell’inquinamento della falda. Sapeva lui, sapevano tutti nell’Ufficio. E non hanno pensato, guardi un po’ di avvertire il sindaco di Melfi che è la massima autorità in questi casi…

Scusi, vien da sé che sapeva anche la Regione Basilicata. E la Provincia di Potenza…
Gli unici a non sapere, si fidi, eravamo noi cittadini. Ci stavano uccidendo in silenzio, senza dirci nulla. Ha presente il gas metano, di cui non ti accorgi fintanto che le esalazioni non ti ammazzano? Ecco, esattamente in questo modo.

Sa di chi sono queste parole: “Già da marzo 2008 eravamo a conoscenza dei livelli preoccupanti di mercurio nella falda, ma non spettava al nostro ente lanciare l’allarme”?
Bruno Bove, coordinatore provinciale Arpab, pronunciate addirittura in televisione. Basterebbe questo, da solo, a chiudere la questione. Ma le aggiungo un altro elemento. Nel novembre di quello stesso anno, pur sapendo dell’azione deleteria di Fenice, come si deduce dalle affermazioni di uno dei maggiori responsabili di Arpa, il direttore Sigillito, ed una delegazione della società di gestione dell’inceneritore hanno tenuto un incontro pubblico. Durante quell’incontro, Sigillito, superiore di Bove disse che l’inceneritore di Melfi era, e cito, “una risorsa estremamente positiva”.

L'area della Fenice; in rosso, i pozzi di emungimento (googlemaps)

Una presa di posizione, insomma…
No, fa molto di più. In quell’occasione afferma che l’incontro serve per sancire un “rapporto di collaborazione” fra di loro. Insomma, un organo di controllo sa che il suo interlocutore sta uccidendo ciò che a lui spetterebbe monitorare e come risolve? Scendendo a patti.

Perché la politica ha lasciato fare?
Perché? Qui in Basilicata tutti sanno che Bove è uomo di fiducia dell’attuale Presidente del Consiglio Regionale, Vincenzo Folino, piddino di ferro. E poi, insieme alla Campania, la Basilicata è una delle realtà in cui la politica ha un’incidenza fortissima sulle scelte. Veicola tutto. Tutto passa per la politica. E’ tutto lottizzato, compreso l’Arpa, dove anche i cessi sono lottizzati.

Quindi, lei dice, ci sono delle coperture forti che non possono essere rimosse. E smascherare il pesce piccolo significherebbe la brutta figura, se non la il tracollo politico, del pesce grande…
Esatto. Il fatto è che la politica, e quando dico politica dico i partiti politici, devono entrare nell’ottica di abbandono delle lottizzazioni. Si fa un gran parlare delle grandi aziende pubbliche. Prenda la Rai. Ma anche gli Uffici, i presidi del territorio devono essere tolti dal controllo degli artigli della politica. Che si creino delle strutture nuove, che si possano arricchire con elementi forti e preparati che entrano con rigorose selezioni, curriculum alla mano.

Sa che vuol dire, si?
Certo, che bisognerebbe iniziare a depurare innanzitutto i vertici. Chi sceglie i controllori.

Converrà che, ad un certo punto, la politica s’arresta. Insomma, i controlli sanitari, le Asl, i medici? E’ attraverso il monitoraggio dell’incidenza dell’inceneritore che può essere fatto passare il messaggio. Ma le ultime stime, pure molto negative, riguardano solo i tumori e sono datate 2006. Fonte: Crob di Rionero. Non crede ci sia un ritardo?
Io ho una mia opinione personale. Alle storie del Crob ci credo fino ad un certo punto. Anche lì ci sono interessi specifici. Altrimenti perchè non sono stati più diffusi altri dati? Piuttosto sento parlare medici di base, medici di famiglia normalissimi, che vivono ogni giorno a contatto con la gente. Non mi serve il Crob o l’Asb per sapere quello che loro mi dicono in continuazione. Ovvero, che la gente si sta ammalando. La gente del Vulture sta morendo. Popolazioni intere contraggono tumori ma non solo. la contaminazione dei metalli pesanti porta ripercussioni a livello cardio vascolare, infiammazioni degli organi, allergie. Mi chiedo: ma la Fenice, l’Arpa, la Provincia, la Procura di Melfi e quella di Potenza, la politica, queste cose le sanno? E se le sanno, come le sanno, non gl’interessa nulla?

Ci sono comitati di cittadini molto attivi. Non crede che potrebbero, ad esempio, fare una sottoscrizione popolare per finanziare un’analisi delle acque dell’Ofanto, della terra, dell’aria? Basterebbe poco.
Potrebbe essere una strada percorribile. Ma, ripeto, spetta al pubblico monitorare, non solo ai cittadini.

C’è chi parla di contaminazione dei prodotti. L’acque dell’Ofanto irriga campi di tre regioni e diverse province di queste tre regioni. Ma nessuno vuole parlare…
Ma perché c’è una cappa asfissiante. Io non so che cosa si celi esattamente dietro il concetto di mafia. Quel che so, però, è che qui, in Basilicata, dal Vulture alla Val D’Agri, c’è. Trovare gente che si vuole esporre in prima persona, rischiando anche di mandare a monte i sacrifici di una vita, non è facile. Vigono le dinamiche di paese. C’è tanta ammuina (rumorosità, ndr) virtuale. Dietro le tastiere tutti si sentono forti ed urlano indignazione. Poi, tranne quei pochi veramente attivi, c’è ben poco.

Ma le associazioni di categoria? La Cia dovrebbe…
La Cia? Macché

Fenice guadagna sull’immondizia. In Basilicata fa guadagno anche sulla loro pelle…
Certo. Pensi, nel primo trimestre 2011 Edf ha fatturato 19 miliardi di euro. Parliamo di miliardi, una montagna di soldi. Nessuno, ad esempio, si è mai chiesto come mai, un giocattolo così costoso, sia stato dato in gestione ad una srl (Fenice srl, ndr) che, come capitale sociale, non ha che 50 mila euro.

Per rischiare meno?
No, per rischiare zero

Che cosa chiede Bolognetti?
Non lo chiede solo Bolognetti, ma la collettività: bisogna rendere pubbliche tutte le informazioni possibili. In maniera precisa e puntuale, affidando i controlli ad un organo di vera garanzia. Quelle sull’immondizia. E’ giusto o non è giusto che il cittadino sappia che fine faccia la sua raccolta differenziata? E’ giusto o non è giusto che il cittadino sappia dove e come venga smaltito il suo R.S.U e come i rifiuti speciali? E poi le informazioni ambientali. La falda è inquinata. perché? Di chi è la responsabilità? Chi non ha controllato? Tutto. Serve una battaglia di trasparenza.

I rifiuti di fenice, per anni, hanno bruciato più del consentito…
Si, è vero. E, dopo averlo fatto, hanno chiesto l’ampliamento della capacità di uno dei due forni a loro disposizione. Il risultato è che abbiamo un tasso di mercurio nelle acque 140 volte superiore rispetto al consentito.

Ma non è tardi per muoversi?
In verità le dico che sì, forse molto è stato compromesso irrimediabilmente: la salute dell’ambiente e delle persone di certo.

FOCUS – L’inchiesta di Stato