Potenza, svolta Fenice. Arrestati Sigillito e Bove. “Dati mai comunicati”

Inceneritore La fenice (pietrodommarco.it)

Potenza – Vincenzo Sigillito, ex direttore dell’Arpab (l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Basilicata) e Bruno Bove (coordinatore Arpab prvincia di Potenza) sono stati appena arrestati. Si trovano ai domiciliari. Il gip di Potenza, Tiziana Petrocelli, su richiesta del pm Salvatore Colella, ha inoltre disposto il divieto, per due mesi, di ricoprire cariche direttive per l’attuale e l’ex procuratore responsabile dell’impianto, Mirco Maritano e Giovanni De Paoli.

Già alla fine di settembre erano circolate voci su avvisi di garanzia emessi sulla questione dell’inquinamento provocato dal termodistruttore La Fenice di San Nicola di Melfi. La società che gestisce l’impianto, la francese Edf, è indagata. Intanto, ieri sera, dagli schermi di Canale 5 la ministra Stefania Prestigiacomo ha promesso ricorso all’Istituto Nazionale della Sanità.

LE ACCUSE – Nel mirino degli inquirenti, quanto evidenziato tempo fa proprio da Stato. Ovvero, l’Arpab, pure essendo in possesso dei dati, ne evitava la diffusione. Non solo ai cittadini ed all’associazionismo, ma, cosa ancor più grave, agli stessi Enti del territorio. Il tutto, schermando, di fatto, le attività dell’inceneritore Edf. La Procura, anche se con notevole ritardo, ha inoltre ascritto agli imputati (avrebbe potuto farlo anni fa), il “pericoloso inquinamento” della falda acquifera sottostante l’inceneritore, alterata da metalli pesanti e componenti organiche.

DON MARCELLO COZZI, LIBERA: “ACCERTARE RESPONABILITA'” – “La magistratura ha tutti gli strumenti per andare fino in fondo e per scalare le gerarchie politiche e tecniche che hanno responsabilità a vario titolo, ma continuiamo a chiederci: quanta gente ancora in Basilicata deve rimetterci la vita prima che le istituzioni locali possano finalmente prendere coscienza che le denunce dei cittadini, in questi casi, vanno prese sul serio invece di essere tacciate di proclami allarmistici? Chiediamo di sapere quali sono gli affari che si nascondono dietro i silenzi lucani sull’avvelenamento dell’ambiente”. Lo afferma in un comunicato don Marcello Cozzi, responsabile di “Libera” Basilicata. “Il lavoro della magistratura – aggiunge – dovrà fare il suo corso ma in qualunque direzione andrà, è doveroso prendere coscienza che le persone che nel frattempo si sono ammalate o che ci hanno rimesso la vita, prima ancora di essere vittime di una malattia, vengano considerate vittime del malaffare”

RESTAINO, REGIONE BASILICATA: “SONO SERENO” – “Ho ricevuto questa mattina un invito a presentarmi al Pm in relazione ad un’inchiesta nella quale risulto essere indagato. Le ipotesi per le quali sono in corso accertamenti a mio carico riguardano la gestione operativa dell’Arpab, mentre non c’è alcun collegamento con le ipotesi di reato della vicenda Fenice. Segnatamente, si ipotizza un mio ruolo nel consigliare l’allora Direttore generale dell’Agenzia su come ottenere finanziamenti dalla Regione, nelle attività di reclutamento del personale presso la stessa Arpab e nella difesa dell’agenzia, attraverso un comunicato stampa diramato a seguito dell’audizione del Direttore generale presso la terza commissione consiliare. Nel dichiararmi assolutamente sereno anche per l’occasione di poter chiarire che mi viene offerta, esprimo piena fiducia in quanti stanno effettuando gli accertamenti per le vicende che mi riguardano e per le ipotesi più inquietanti a carico di altri, convinto che l’accertamento della verità sia un interesse superiore e comune a tutti”

LA DIFESA DI ARPAB: “ALTERAZIONI PER MESSA IN SICUREZZA” – Nel sito “Fenice” è in atto una attività di Messa In Sicurezza di Emergenza (MISE) tramite emungimento da pozzi barriera (22 pozzi serie 100). Lo rende noto in un comunicato l’Arpab (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente di Basilicata).
Nella valutazione dei dati relativi al monitoraggio delle acque sotterranee nell’area del termodistruttore – posegue la nota – non si può prescindere dal considerare i numerosi fattori che influenzano il risultato analitico stesso, quali ad esempio:
• i continui interventi di MISE influiscono modificando i flussi sotterranei; il crescente emungimento dai pozzi di MISE determina una scarsità di acqua all’interno dei pozzi P1-P9 previsti dal piano di monitoraggio con conseguente difficoltà di campionamento. Da ciò potrebbe scaturire la presenza di superamenti delle CSC dei parametri oggetto del monitoraggio nonchè la comparsa di nuovi occasionali superamenti (arsenico e 1,2,3-tricloropropano a maggio 2011, ferro e benzene a settembre 2011);
• particolare attenzione va posta nell’analisi critica dei dati che riguardano i composti volatili (tricloroetilene, tricloroetano, ecc…). Questi composti sono molto sensibili alle variazioni che subisce il sistema ad opera degli emungimenti e degli impianti pilota utilizzati per testare le tecnologie di bonifica. La variabilità della loro distribuzione nei vari punti ed i relativi valori di concentrazione non consentono di effettuare precise valutazioni;
• ovviamente solo a valle della bonifica del sito si potrà dare piena e chiara lettura dei dati provenienti dai pozzi di monitoraggio P1-P9 pubblicati sul sito istituzionale dell’Agenzia.
Tra le ulteriori considerazioni che possono essere fatte sulla complessa problematica del sito è bene evidenziare che:
1. i composti relativi al processo industriale sono monitorati;
2. tutti i superamenti delle CSC sono monitorati;
3. nuovi superamenti delle CSC si possono avere per concentrazione degli inquinanti in punti di richiamo come i pozzi;
4. nuovi superamenti delle CSC si possono avere per fenomeni di degradazione di alcuni contaminanti;
5. eventuali, improvvisi ed elevati valori potranno essere legati al particolare tipo di intervento di bonifica che si andrà a porre in essere.
Valutazioni attendibili vanno espresse paragonando ampi periodi di monitoraggio. Considerazioni aventi per riferimento periodi limitati o peggio raffronti mensili – conclude l’Arpab – sono fuorvianti e non rappresentano significativamente la reale situazione del sito contaminato.

MAZZEO: “CHIUDERE FENICE IN ATTESA DI RISCONTRI” – “In attesa di avere tutte le risposte inerente al problema inquinamento prodotto da Fenice, alla realizzazione del progetto di bonifica, che sarà solo presentato il prossimo 18 ottobre, e la messa in essere di veri e sicuri meccanismi di controllo su tutte le emissioni, è opportuno sospendere l’attività del termovalorizzatore, nel pieno rispetto delle leggi vigenti”. E’ quanto afferma il vicepresidente del Consiglio regionale, Enrico Mazzeo (Idv) in un intervento inviato oggi alla stampa locale. Mazzeo lamenta “troppe inadeguatezza degli organi tecnici, ma anche in primo luogo della politica che ha stentato e stente a controllare e prendere decisioni chiari ed efficaci. ‘L’esortazione’ del ministro dell’Ambiente ai responsabili, ai diversi livelli, per la chiusura di Edf Fenice, deve essere interpretata come una sconfitta per tutti noi, maggioranza ed opposizione. Il centro sinistra ha il dovere di arrivare a conclusioni univoche e condivise, evitando decisioni divergenti e contraddittorie, con le politiche declamate a livello nazionale”

Fenice, lo stillicidio continua. A settembre anche ferro e benzene

L'area della Fenice; in rosso, i pozzi di emungimento (googlemaps)

Lavello (Potenza) – QUESTA volta – come se fosse la prima – si è reso necessario spingere forte sull’acceleratore per ottenere la pubblicazione dei dati relativi al monitoraggio delle acque dei pozzi a valle dell’inceneritore Fenice. Evidentemente, la pubblicazione delle ‘carte nascoste’ e l’incendio scoppiato una decina di giorni fa (c’è stata un’interrogazione parlamentare della radicale Elisabetta Zamparutti), hanno tramutato queste settimane in una pentola a pressione stracolma di acqua già bollente. Il caso Fenice è divenuto caso nazionale. Oltre all’anunciato ritorno di Striscia la Notizia, si è occupato dell’inceneritore melfitano anche il sito web del quotidiano La Repubblica. Un’inchiesta, quella di Repubblica, che non ha aggiunto nulla di sconvolgentemente nuovo, tornando a ricalcare i passi della (mala) gestione decennale di Edf. Ma anche delle reticenze di Arpab, Asl e Procure di Melfi e di Potenza e riducendo quasi a zero l’invece immane lavoro condotto sul terreno da ambientalisti e Radicali.

ECO CAPITANATA – Intanto, mentre la diffusione della notizia va avanti con insistenza, le carte pubblicate oggi da Via della Chimica confermano l’esizialità di Fenice. L’impianto continua ad inquinare a piene mani, indipendenetemente che gli scheletri emergano o meno dagli armadi. Finora, tranne il sindaco di Melfi Valvano e poche associazioni, nessuno si è spinto a chiedere il sequestro dell’inceneritore amato alla follia dalla Regione Basilicata e da svariati esponenti del Partito Democratico lucano. E si fa fatica a capire cosa si attenda oltre, stando anche il fatto che, per molto meno, nella vicina Cerignola si è chiuso Eco Capitanata, stabilimento simile, per molto meno.

METALLI PESANTI – A settembre, pur rientrando nella norma l’arsenico, si è registrato un aumento dei metalli pesanti più pericolosi: ovvero, nichel e manganese. Si tratta degli eterni ‘compagni di vita’ della popolazione del Vulture. Ma non solo, dato che, come scritto proprio dal quotidiano di Scalfari, “oltre alla zona del Vulture – Alto Bradano lucano, dove vivono circa centomila persone, l’inquinamento potrebbe toccare, se il fiume risultasse contaminato, anche le province di Foggia e Bari”. E lo fa senza dubbio. Presenza abbondante di nichel (cancerogeno ma sopratutto insistente a livello di allergie), è stata rinvenuta in sei pozzi su nove (come a luglio). Sballate le cifre dei pozzi di rilevamento numeri 3, 5, 6, 7, 8 e 9, con violazioni che sforano di oltre 15 volte il limite fissato dal D.Lgs. n.152/06. La stima più allarmante è stata quella registrata sulle acque del pozzo numero 8, dove, a fronte di un tetto massimo di 20ug/l, sono stati rilevati 308 ug/l. Non va meglio per quel che attiene il manganese. Come a luglio, cinque i pozzi contaminati (settembre: 2, 4, 5, 6, 8), con dati estremamente peggiori rispetti a quelli di due mesi fa. Prima di agosto, infatti, i ‘pozzi maledetti’ restituivano stime comprese fra i 265 e i 650 ug/l. Il mese scorso, al contrario, i nanogrammi hanno sforato (e non è comunque la prima volta, è anche andata molto peggio) quota 1000. E’ quanto si registra alla casella del sesto dei pozzi piezometrici, dove, contro un limite di 50 ug/l stabilito per legge, si quantificano 1021 nanogrammi di manganese per litro. Ovvero, oltre 20 volte in più di quanto consentito dalla già clemente normativa statale.

FERRO – Ma, come sempre, non mancano le new entry. E’ il caso del ferro, presente nei rilevamenti del mortifero pozzo numero sei, dove, anche se di poco, i livelli sforano la soglia d’attenzione (296 ug/l contro i 200 massimi previsti per legge). Si legge su Wikipedia: “Un apporto eccessivo di ferro tramite l’alimentazione è tossico perché l’eccesso di ioni ferro reagisce con i perossidi nel corpo formando radicali liberi. Finché il ferro rimane a livelli normali, i meccanismi anti-ossidanti del corpo riescono a mantenere il livello di radicali liberi sotto controllo. La dose quotidiana di ferro consigliata per un adulto è 45 milligrammi al giorno, 40 milligrammi al giorno per bambini fino a 14 anni. Un eccesso di ferro può produrre disturbi (emocromatosi); per questo l’assunzione di ferro tramite medicinali va eseguita sotto controllo medico ed in caso di oggettiva carenza di ferro”. Insomma, a tossico, è tossico, non corrono dubbi.

“SPEGNERE FENICE” – Laconico il commento del Comitato Diritto alla Salute di Lavello: “A questo punto la Provincia non ha più motivo di tenere in essere l’autorizzazione provvisoria”. Come dire: Fenice va chiusa. Tanto più perché, oltre ai metalli pesanti, persistono nelle acque valori eccedenti di alifatici clorurati cancerogeni (in particolare allarmano tricloroetilene e tetracloroetilene) e, altra novità, il benzene (pozzo numero 7). “Chi ha il potere di bloccare, sospendere, spegnere l’inceneritore lo deve fare immediatamente e senza indugio”, chiosa l’associazione lavellese. Sperando che non sia già troppo tardi per intervenire.

p.ferrante@statoquotidiano.it

FOCUS, TUTTA L’INCHIESTA FENICE DALLE PAGINE DI STATO
1. Fenice, un caso di (a)normale inquinamento (Stato Quotidiano, 16 maggio 2011)
2. Fenice, la verità di Bolognetti: “Ci uccidono in silenzio” (Stato Quotidiano, 27 maggio 2011)
3. Fenice, contro l’inceneritore si muove anche la Capitanata (Stato Quotidiano, 31 maggio 2011)

4. Melfi, i panni sporchi di Arpab: “Giusto che Fenice chieda di bruciare di più” (Stato Quotidiano, 9 giugno 2011)
5. Fenice la rabbia del Comitato di Lavello: “Una presa in giro” (Stato Quotidiano, 14 giugno 2011)
6. Fenice avvelena ancora. A maggio riscontrato Arsenico (Stato Quotidiano, 20 giugno 2011)

7. Fenice, Comitato di Capitanata: “Clamoroso silenzio delle istituzioni” (Stato Quotidiano, 21 giugno 2011)
8. Bolognetti in tackle su Arpab: “Qualcuno blocchi Fenice”
9. L’intervista al Coordinatore Arpa di Potenza, Bruno Bove (28 giugno 2011)
10. Bolognetti contro Bove: “Se ci sono i dati, allora li tiri fuori” (4 luglio 2011)
11. La gente di Foggia, quella di Lavello e un grido: “No a Fenice” (9 luglio 2011)
12. Fenice, la battaglia va avanti. Le associazioni denunciano Edf (Stato Quotidiano, 29 settembre 2011)

Bolognetti vs Bove: “Se ci sono i dati, allora li tiri fuori”

Maurizio Bolognetti in una delle sue tante battaglie che gli sono valse l'encomio di Pannella (fb)

Potenza – QUALCOSA si sta incominciando a muovere sul fronte Fenice. Il consigliere regionale Nicola Pagliuca, capogruppo del Popolo delle Libertà in seno all’assise di Viale della Regione, pochi giorni fa ha scosso dal sonnecchioso torpore la politica lucana, scagliando, nel mezzo del placido laghetto, una pietra che, per la verità, Stato Quotidiano aveva lanciato, con gran clamore, oltre un mese fa. “Chiediamo al Presidente della Giunta Regionale [Vito De Filippo, Pd, ndr] di conoscere le motivazioni addotte dalla Fenice S.p.A. circa il passaggio di gestione alla nuova società e se sono state fornite, agli enti competenti, le garanzie necessarie considerato l’esiguo importo del capitale sociale della Fenice S.r.l.”. E, con Stato, i Comitati locali ed i Radicali Lucani.

Lo scossone più grande, comunque, giungerà dalla manifestazione indetta dall’organizzazione “Diritto alla Salute” di Lavello. Una grande manifestazione, messa in piedi per venerdì (8 luglio, ore 18.30, Piazzale Sacro Cuore), nata in quattro e quattr’otto per richiamare l’attenzione dei media, per sbandierare al resto della penisola il malcontento e per far recapitare a chi di dovere (Regione Basilicata, Arpab, Asl) messaggi di mancato addestramento della popolazione. Neppure l’incitamento degli operai del termodistruttore, il ricatto del lavoro, ha fermato la battaglia. In piazza si va, dicono dalle parti del Comitato lucano, per “far chiudere lo stabilimento di Fenice”. Che, vale la pena ricordarlo, mette a repentaglio la salute della popolazione e della filiera agroalimentare anche della provincia di Foggia.

L’intervista rilasciata a Stato dal Coordinatore dell’Arpa della Provincia di Potenza, Bruno Bove, intanto è deflagrata con tanto di boato accessorio. Tutti i giornali lucani hanno ripreso la notizia. In un trafiletto, l’edizione de La Gazzetta del Mezzogiorno, si è anche chiesta la liceità avocatasi dagli Uffici dell’Arpa di non pubblicare i dati di fronte ad una situazione tanto grave (a maggio, va ricordato, nei pozzi di emungimento a valle di Fenice sono state rinvenute quantità consistenti di arsenico).

“E io ho presentato un esposto in Procura a Potenza”, introduce Maurizio Bolognetti (direzione nazionale Radicali, da sempre impegnato nella battaglia contro l’incenerimento a Melfi).

L’ennesimo, Bolognetti. Allora ha ragione Marco Pannella quando la ringrazia per “la sua tenacia e per la forza con cui porta avanti le battaglie anche da solo”. Ma serviranno queste azioni? No, sa, perché, in tutta questa storia, esce fuori una magistratura particolarmente tardiva nei provvedimenti…
E come potevo non farlo? Quando leggo dichiarazioni come quelle rilasciate a lei da Bove, in cui lui si arroga il diritto di non pubblicare dati che sono pubblici e che, nel 2009, la stessa Procura di Melfi ha desecretato, non posso che invocare, anche a livello ufficiale, una subitanea presa di posizione da parte della Procura. Poi, magari, ciò non avverrà.

Cosa la sorprende, Bolognetti?
La domanda è un’altra: come può un funzionario dell’Arpa, uno che sarebbe tenuto a garantire la salute dei cittadini, decidere, al contrario, di mettere sotto silenzio una cosa che ha riflessi estremamente pesanti sulla salute delle comunità?

Ve bene, lo chiediamo a lei: come può?
Non lo so come possa farlo. So che, facendolo, va incontro ad una palese violazione della Convenzione di Århus che, all’articolo 5, comma C, prevede la diffusione immediata e senza indugio di ogni cifra a dato o elemento che descriva l’attività di qualsiasi cosa abbia ripercussioni dirette sulla salute delle persone e dell’ambiente. A Potenza ed a Lavello, invece, si sta scherzando amenamente sulla pelle della persone, di un’intera comunità di cittadini. E questa cosa è estremamente grave.

Bove ci ha confermato che i dati ci sono e che è necessario domandarli con atto formale. Dopo di che, chiederà alla Procura se…
Ma sono due anni che chiediamo la documentazione all’Agenzia Regionale per l’Ambiente! Questa sui dati, mi creda, è una querelle storica, un tira e molla che, in tutta franchezza, mi sta seccando. Sta seccando me, sta seccando i Radicali, sta seccando i Comitati e i cittadini. Prima, e parlo del giugno del 2009, dicono che sono secretati. Quando, ad ottobre di due anni fa, la Procura di Melfi decide, finalmente, che è giunto il momento di sapere ed ordina la pubblicazione degli stessi, ci vengono fatti vedere solo quelli a partire dal 2008 (ora scomparsi dal sito dell’Arpab, misteriosamente, ndr). E gli altri? E quelli precedenti? Bove, tempo fa, ha detto e cito che tutti “sapevano che Fenice stava inquinando”. Bella scoperta. E, chiedo a Bove: che avete fatto per fermarla? Niente, hanno alzato le mani e detto che, al contrario, non spettava all’Arpa intervenire. Mi sembra tutto molto grottesco.

Bolognetti che c’è in quei dati di tanto sconvolgente? Insomma, ormai tutto il peggio è uscito: nichel, manganese, arsenico. Le colpe di Fenice, la vostra verità. Cosa li spinge a non pubblicare proprio quelli precedenti?
(grossa risata) Questo bisognerebbe chiederlo a Vincenzo Sigillito (ex direttore dell’Arpab, ndr), a Raffaele Vita (attuale direttore dell’Arpab, ndr), a Bruno Bove, a Fenice.

…alla magistratura…
In particolare al Procuratore di Melfi, Renato Arminio.

Che c’era?
E chi lo sa? Ufficialmente erano dati incompleti e non formali. Ciò significa che o non sono stati fatti i controlli, oppure, nel caso questi siano stati fatti, nessuno si è preso l’onere di firmare le carte…

Non c’è mai fine al peggio?
Forse i dati erano peggiori di quelli attuali, si. Forse erano centinaia di volte superiori alla norma. Forse temono si possano scoprire connessioni terribili con le morti sul territorio. L’inquinamento, e soprattutto certo inquinamento, non scompare con il tempo. Resta incollato sulla pelle di una terra: sui suoi frutti, sui suoi suoli, sulle sue acque. Stanno ammazzando un territorio che, prima dell’indotto Sata, era puro e vergine. E, soprattutto, vivibile.

E se Bove avesse ragione a dire che è la Procura a non volere la diffusione dei dati?
Io non ho nulla contro Bove, sia chiaro. Tuttavia, mi sembra alquanto particolare che una Procura decida di togliere il segreto istruttorio soltanto su certe carte e non su altre. Magari da quelle fatte passare sotto silenzio non esce nulla di scandaloso. Oddio, già sapere che l’inquinamento incide sul Vulture non da due anni ma da nove sarebbe una notizia drammatica. In ogni caso il problema è anche di democrazia. I cittadini hanno il diritto di sapere.

Ma la politica che fa?
La che? La chi? Non ricordo di aver mai sentito l’Assessore alla Sanità della Regione Lucania, Mancusi, fare pubbliche dichiarazioni contro l’inceneritore La Fenice di Melfi. E non credo di sbagliarmi. L’unica uscita che si ricorda del buon Mancusi risale ad un paio di anni fa e concerne un battibecco avuto in consiglio regionale con l’ex sindaco di Melfi, Alfonso Ernesto Navazio, al quale Mancusi ricordava che, dal 2006, non si svolgono indagini epidemiologiche sull’area. Tutto qua.

Nicola Pagliuca, consigliere regionale di centrodestra, la settimana scorsa ha posto in essere il passaggio da Fenice spa a Fenice srl nella gestione dell’impianto, chiedendo conto al Presidente Vito De Filippo del motivo per il quale la regione abbia taciuto di fronte a questa sorta di pre ammissione di colpevolezza della società di gestione dell’inceneritore melfitano.
Sono passati sette mesi da quel passaggio di consegne e Pagliuca è stato il primo, diciamo così, politico istituzionale a portare allo scoperto la questione. Voi di stato, ad esempio, ne avete parlato un mese fa. Io lo denuncio da gennaio. I Comitati fanno altrettanto. Basta fare una sillogica deduzione…

Dalle parti di De Filippo tutto tace…
E che si aspettava? La tattica è quella del muro di gomma: assorbire il colpo e, nel caso, fagocitare.

Neppure il Sistema Sanitario brilla in questa storia…
E, su questo, mi sento di dare ragione al dottor Bove. L’Asl, anzi le Asl delle zone coinvolte, dove sono finite? Le ultime rilevazioni risalgono addirittura al 2006. E già allora – ecco perché crediamo che ci sia premeditazione dietro il “ritardo” – le stime erano incredibilmente allarmanti. E ora? A Lavello i cittadini ripetono ossessivamente che tre su cinque dei ricoverati al Crob vengono dal loro paese. Che non è New York. Che cosa vogliono fare? Attuare uno sterminio di massa? Diano delle risposte e facciano subito. Si attivi il personale sanitario, si scuotano anche gli stessi medici di base. Non restino chiusi nel loro silenzio. In tutta la Basilicata, lo dice l’Istat, non un Bolognetti qualunque, c’è stato nel 2006 un tasso di incidenza tumorale più grande che in tutto il resto del Paese. Questa peste italiana deve essere curata.

Tutti i panni sporchi di Arpab: “Chi non è con noi è uno spione!”

Inceneritore La fenice (pietrodommarco.it)

Foggia – E non è finita qui. La vicenda Fenice riesce sempre a regalare nuove perle ed incredibili risvolti. Ping pong da un campo all’altro. Ovvero, dalla bugia alla formalità, scavalcando la rete della verità. Martedì (7 giugno), si è tenuto a Potenza un incontro presso la sede dell’Arpa Basilicata. Un incontro interlocutorio che avrebbe, di fatto, dovuto far luce sul futuro dell’ambiente lucano, sui dati mancanti. Squarciare, insomma, il velo di mistero che avvolge buona parte dell’operato della società che gestisce il termovalorizzatore operante all’interno dell’indotto della Sata di Melfi.

DIRITTI E DOVERI – Come sempre, un vacuo blaterare. Nessuna soluzione, nessuna proposta, nessuna forma di risoluzione delle problematiche. Piuttosto, tra le parti, un gelo che, ossimoricamente, è quanto mai arroventato. I rapporti sono tesi. Da un lato, l’Agenzia per il controllo dell’Ambiente che dovrebbe vigilare e non vigila, legata a doppio mandato con l’Edf. Il quadro è chiaro. Dopo la speranza che il cambio al vertice (a gennaio, da Vincenzo Sigillito a Raffaele Vita) potesse produrre qualche schiarimento nel cielo plumbeo dell’incenerimento, è sopraggiunta la desolazione di una continuità imbarazzante. Anche perché chi comanda le fila dell’Arpab è Bruno Bove, potentissimo Coordinatore provinciale, uomo onnipresente e tentacolare, uno di quelli che con Fenice ci va a braccetto. E non da oggi. Nei suoi poteri, c’è il monitoraggio sui pozzi di emungimento per il controllo della qualità delle acque che, attraverso falda, scaricano nell’Ofanto.

Tra i suoi doveri, al contrario, l’obbligo di capire. Ad esempio, come mai ci sia almeno un pozzo essiccato (su cui, dunque, non è possibile campionare i dati). Quali sono le ragioni di questa anomalia? E perché non è stato mai segnalato il problema? Sta all’Arpa, inoltre, spiegare che fine abbiamo fatto i dati del monitoraggio dei pozzi nel periodo compreso fra 2000 e 2006. Sei anni di silenzio e, per bocca dell’ex direttore Arpab Sigillito – e dello stesso Bove – sei anni in cui, senza limiti, Fenice ha inquinato a spron battuto sapendo di inquinare e violando molti dei limiti imposti allo smaltimento, accogliendo senza controllo tonnellate di materiali pericolosi proveninenti da ogni parte d’Europa.

CONTROLLO POZZI: SEMPRE PEGGIO – Martedì, piuttosto che spiegare queste cose, l’Arpa ha cercato di rasserenare gli animi sulla giustezza della strategia d’incenerimento. E soprattutto, è stato Bove a lavorare ai fianchi del ragionamento per modellare il pensiero degli astanti. Bove non ha usato mezze misure, ha scansato il dito dietro cui si è ricoperto per anni ed ha ammesso che “Fenice è un punto importante dello smaltimento dei rifiuti in Basilicata”. Liet motiv usurante. La strategia va avanti: negare la ricaduta sull’ambiente e difendere ad oltranza l’operato del termodistruttore lucano. Malgrado i dati di marzo sul monitoraggio dei pozzi (da pochissimi giorni resi pubblici) parlino chiaro e confermino un preoccupante livello, nell’acqua, di nickel e manganese. Metalli pesanti. L’uno e l’altro cause accertate di malattie degenerative per l’organismo umano. Provocano non soltanto tumori, ma anche infezioni, allergie, morbi (esempio il manganese è una delle principali cause del parkinson).

SINDROME NIMBY? – Malattie vere, dunque. Il tutto, mentre Bove calcava la mano sulla sindrome Nimby (acronimo di not in my backyard), come motivo principe della mancata differenziata in Basilicata e concentramento della spazzatura nei forni crematori dello stabilimento dell’Edf. Edf che, come scritto da Stato, ha domandato, malgrado le palesi violazioni dei limiti e dei controlli, addirittura l’aumento di possibilità d’incenerimento di uno dei due forni. Richiesta insolita. Se si pensa che, già in questo momento, i valori di alcuni metalli oltrepassano finanche i limiti previsti per legge.

BOLOGNETTI: “PER LORO CHI DENUNCIA E’ UNA SPIA” – Ed anche sull’aumento l’Arpab fa finta di niente. Bove ha anzi implicitamente ammesso che non si può impedire a Fenice di espandere la capacità crematoria ed accusato chiunque vi si opponga – primo fra tutti Maurizio Bolognetti, esponente della Direzione Nazionale dei radicali – di essere una “spia”. Bolognetti non ha tenuto l’offesa. E, commentando l’incontro, ha risposto per le rime, anche se a posteriori, al Coordinatore dell’Arpab. “Ho provato la sgradevole sensazione di trovarmi di fronte ad una mera operazione di marketing, tesa a migliorare la disastrata immagine dell’agenzia regionale per l’ambiente dopo la famigerata gestione Sigillito”, scrive a Stato. Peggio: “Più uno specchietto per le allodole che una reale volontà di confrontarsi con cittadini e associazioni”. Tutta un montatura, dunque? Parrebbe di sì. La strategia dell’Arpab è da rivergination. Una ricreazione imenea che, tuttavia, non si addice ad un uomo scaltro e scafato come Bove. Bolognetti lo sa, ne è conscio. Ma sa anche che lo scontro cruento, in questo momento, causerebbe più danni che benefici. In ogni caso, il suo onito è evidente: “Bove e soci, anziché perdersi in valutazioni politiche e in aggressioni a chi rivendica conoscenza e trasparenza, farebbero bene a limitarsi a parlare dei monitoraggi effettuati, di reagenti e dei monitoraggi che non ci sono stati”. Di più: “Da mesi chiediamo di accrescere il tasso di trasparenza dell’Agenzia e di mettere tutti i documenti inerenti la vicenda Fenice sul sito dell’Arpa Basilicata. Da mesi, ascoltiamo un monotono refrain: “occorre tempo”. E’ proprio così difficile – si chiede Bolognetti – caricare on-line i verbali delle conferenze di servizio, le analisi di rischio e i piani di caratterizzazione?” Risposta: “Francamente, risulta difficile crederlo”.

LAVELLO – Il tutto mentre, per le strade di Lavello, è apparso un camion, di quelli utilizzati per diffondere le pubblicità, con una gigantografia di un manifesto funebre. “Grazie Fenice. Dacci oggi il nostro cancro quotidiano”, la scritta. La manifestazione di dissenso, ispirata dal comitato Diritto alla Salute del centro del Vulture-melfese, ha fatto da cornice (e da prodromo) all’evento potentino.

L’AUDIO (grazie a Maurizio Bolognetti) – Incontro in Fenice. Bove: \”Spione\”

p.ferrante@statoquotidiano.it

FOCUS, GLI ARTICOLI DI STATO – 1. Fenice, un caso di (a)normale inquinamento (Stato Quotidiano, 16 maggio 2011)
2. Fenice, la verità di Bolognetti: “Ci uccidono in silenzio” (Stato Quotidiano, 27 maggio 2011)
3. Fenice, contro l’inceneritore si muove anche la Capitanata (Stato Quotidiano, 31 maggio 2011)