Alessandro Pepe… Finalmente uno con le palle sotto davvero

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Prime pagine su tutti i quotidiani nazionali; fiumi d’inchiostro per denunciare una situazione che tiene l’Italia al giogo di una mentalità antica come il permanere di un perbenismo che è più di facciata che reale. Il Parlamento italiano, l’assemblea rappresentativa di tutti i cittadini “uguali di fronte alla legge”, ha bocciato, due giorni fa, la legge contro l’omofobia proposta, come prima firmataria, dalla deputata piddina eletta in Puglia, Paola Concia. 285 i si, 222 i no e 13 astenuti. Un voto strano, incrociato, che ha proiettato Paola Binetti verso il centrodestra e finiani e Radicali verso il centrosinistra e che ha fatto sbraitare la Concia: “È un parlamento omofobo – ha urlato abbandonando l’aula di Montecitorio – I froci si buttano al macero”. Un atto, quello del rigetto della proposta di legge che, ha accusato ieri in serata l’Alto Commissario per i diritti umani, Navi Pillay, riporta l’Italia “indietro” di anni luce. Tuttavia, anche all’interno della comunità lgtq, non tutte le voci cantano all’unisono. Già durante la manifestazione svoltasi a Roma lo scorso 10 ottobre, in molti lamentavano la mancanza di una proposta ad ampio raggio, che inglobasse, al suo interno, diritti e trattamenti parificati per tutte le categorie di “diversi”: oltre ai gay e le lesbiche, anche i trans. La comunità omo foggiana tace e non risponde. Chiusa ne suo mutismo, si è barricata senza dare risposte. Questo anche perché il numero dei casi di outing è molto più limitato rispetto alla capillarità del fenomeno in sé. Chi, invece, si è posto da sempre in prima fila nella lotta contro la discriminazione, è Alessandro Pepe. Capelli rossi cotonati, abbigliamento che lui stesso definisce “appariscente”, il ventunenne truccatore ed acconciatore foggiano, è uno di quelli che lancia i suoi anatemi contro la legge della Concia. E non usa mezze parole: “Dal punto di vista legislativo, ci troviamo di fronte ad una vera e propria pagliacciata”. Una “legge monca”, vieppiù “facilmente aggirabile”. Perché, spiega Alessandro, di fronte ad un’aggressione “è sufficiente che l’aggressore dichiari che non ha agito per motivi omofobici”. Fatta la legge, dunque, trovato l’inganno. E con il minimo sforzo. D’altronde, Alessandro è più che certo che, fosse anche entrata in vigore questa restrizione, non ci sarebbe stato alcun passo avanti. Le zone a bollino rosso delle città sarebbero rimaste off limits per certi gruppi sociali e l’emarginazione non sarebbe venuta meno. E questo, spiega “in qualsiasi parte d’Italia, dal Nord sino a Foggia”. Il capoluogo dauno è tutt’altro che immune dal virus discriminatorio sessista. Alessandro ne vive quotidianamente la drammaticità sulla sua pelle. Dichiaratosi a 13 anni, in poco più di otto ha subito oltre un centinaio di aggressioni fisiche. “Oltre alle innumerevoli quotidiane: offese, insulti, cattiverie varie”. Una volta racconta di essere stato bersaglio di un violento lancio di uova da una macchina in corsa. Talmente violento che “parti del guscio, finite sotto pelle, dovettero rimuovermele in pronto soccorso”. Ma se la sanità può medicare le ferite fisiche, non può fare altrettanto con quelle morali. Meno ancora può fare con i protagonisti di questi blitz. “Ecco perché promulgare una legge serve a poco se poi non cambia la cultura”. Un sottobosco d’ignoranza che ammorba Foggia e che Alessandro definisce “figlio di una mentalità fascista” nei modi di fare prima ancora che nelle posizioni politiche. Dice fascista e dice arretratezza, voglia di mantenimento di uno status quo in cui “non si vuole che ci siano le differenziazioni”. Un morbo pandemico che colpisce. “Di discriminazione si muore” denuncia a l’Attacco il giovane omosessuale. “Ma si muore realmente, nel vero senso della parola”. Di casi esemplificativi ne son piene le cronache sin dagli anni Sessanta e Settanta. “Oggi è solo un ritorno in auge del fenomeno”. In parte dettato da un aumento visibile dei casi di aggressioni a sfondo omosessuale, in parte per la sovraesposizione mediatica. Ma, soprattutto, per una cattiva interpretazione del senso civile. “Sembra quasi che l’italiano medio rientri in un sistema sociale dove una cosa o è consentita o è proibita”. Il che, di fatto, riduce a zero la legge morale. Non stupisce , così, che facciano notizia casi eclatanti. La non proibizione, che si traduce anche in un “mancato riconoscimento anche dei più basilari dei nostri diritti”, e le dichiarazioni dure di autorevoli personaggi pubblici (Alessandro ricorda, con sgomento ancora vivo, e lo fa più volte, le parole di Benedetto XVI che ha definito gli omosessuali “la terza piaga dell’umanità”) non fanno che fomentare azioni estreme come rigetto della persona e di chi la circonda. Il padre di Alessandro, ad esempio, professore di religione, ha rischiato di essere espulso dall’insegnamento ai tempi in cui i docenti erano sotto contratto con la Chiesa cattolica. Motivazione: incapacità di educare il proprio figlio ai sacri dettami dell’insegnamento di Cristo. Uno schiaffo che, fortunatamente, non ha lasciato che un livido di poco conto. Ma Alex è uno abituato a non fare danni e a non piangersi addosso. La durezza della quotidianità l’ha rafforzato a tal punto che, adesso, non fa fatica a parlare, ed in maniera anche abbastanza cruenta, delle colpe della comunità omosex foggiana come della falsa morale della città. Sui primi: “Se realmente vogliamo andare avanti ed acquisire parità di trattamento, urge un cambiamento anche da parte nostra”. Alessandro, così, sente la necessità di porre un freno alla “pratica comune che accomuna molti omosessuali e trans per cui basta una scopata con un camionista fatta a Via Galliani per sentirsi liberi”. Occorre “alzare la voce, scendere tra la gente, spiegare, fare educazione, mettere in piedi campagne informative dirette”, in quanto “la gente non ci conosce”. Sui secondi, snocciola dei numeri: “Foggia e la Capitanata sono tra le più considerevoli mete del turismo omosessuale, ai livelli del resto della Puglia; San Severo è la sede di uno dei più grossi centri di prostituzione transex in Italia e da qui vengono smistate tantissime escort trans; e se si entra in una chat gay della Capitanta ci rende conto dell’elevatissimo numero di omosex e lesbiche presenti”. Perché, perciò, continuare a moraleggiare ancora?

Published in: on 15 ottobre 2009 at 22.29  Comments (1)  

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  1. mi dispiace per Alessandro. soprattutto perchè avrà un sacco di lavoro da fare…
    in bocca al lupo a lui!


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